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martedì 7 dicembre 2021

La pacca sul sedere del papa

Una scelta delle lettere che Rodari scrisse alla casa editrice, “la Ditta”, in trent’anni di rapporto, dal 1952 al 1980. “Scrivendo e contemporaneamente giocando a scrivere”, può notare Bartezzaghi nella presentazione. Con un progetto per coincidenza attuale, di giornata, la pacca sul sedere – “la pacca sul sedere del papa”, nientemeno, “la storia di uno di Maccagno che parte dal suo paese per andare a dare una pacca sul sedere al Papa… e torna a casa soddisfatto”: “un libro umoristico” che oggi non si potrebbe, il rispetto per la donna (c’era anche la pacca peccaminosa, sul sedere femminile – e tra i gay su quello maschile) estendendosi a ogni contatto, ma una volta usava per correggere i bambini, anche fuori della scuola. Maccagno sul lago Maggiore dietro Varese, che poi però non risulta che il varesino Rodari abbia onorato con la pacca al papa.
Uno dei tanti progetti che formicolano in queste lettere. Scelte perché scherzi linguistici per lo più, sugli interlocutori,  sull’editrice, sui pagamenti in ritardo. L’immagine che danno è di un Rodari privato uguale alle sue filastrocche, leggero e acuto. Ma anche molto dentro la pedagogia scolastica, nei progetti editoriali cui è chiamato a partecipate (Andersen, la matematica, la fonetica, i testi scolastici, le letture consigliate).Atttento anche alla grafica dei libri, alle illustrazioni. Con gustosi profili dei corrispondenti. Non di quelli consueti, stranamente, Bollati, Ponchiroli, ma di quelli occasionali, Arpino, Cerati, Davico Bonino – Davico Bonino inviato da Einaudi a Prato a circuire i giurati del premio Prato in favore di Rodari è una fulminante “cosa mai vista: un torinese disinvolto e dei toscani intimiditi”. Spesso toscaneggia, con qualche lombardismo - “culo e camicia”, varesotto.
La scelta dà anche un curioso ritratto di come si era (poco) comunisti già negli anni 1960-1970. Rodari, già direttore del “Pioniere”, il giornalino dei piccoli del partito Comunista, poi fondatore di “Avanguardia”, il giornale della Fgci, la federazione giovanile comunista, continua a viaggiare a Mosca, e scrive alla casa editrice come comune corpo politico, ma usa “amici” e non “compagni”, e in una delle lettere della scelta, dopo l’uscita del “Libro degli errori” nel 1964, lamenta ripetutamente la nessuna attenzione dell’“Unità”, il giornale del Pci, consigliando di coinvolgere per le recensioni Camilla Cederna, Eco, Guareschi, Pestelli, Emilio Servadio, Flora Antonioni, tutti fuori del Pci e qualcuno nemico. Mentre l’esperienza quotidiana a “Paese sera”, con la rubrica firmata Benelux,  liquida, in una sola delle lettere qui raccolte , a Ponchiroli: “Mi pagano per scrivere un pezzettino di pagina tutti i giorni: ti sembra una cosa seria, da dedicarci la vita?” Torna sempre entusiasta dell’italianistica oltrecortina. E sa del “monumento equestre o pressappoco” che gli viene “quotidianamente innalzato nell’Unione Sovietica”. Ma avrebbe anche gradito ricevere un centesimo, ha lamentato in precedenza , ogni volta che in Unione Sovietica aprono un suo libro. Si complimenta con Cerati per la “Storia del marxismo”, fine 1978, immaginandola di successo commerciale, ma gli ricorda che a Roma i cardinali hanno tirato fuori dal cilindro papa Woytiła: “Luciani era una «passeretta» patetica, Voitijjiila è un falcone, deve avere le scarpe del Quarantotto, potrebbe fare il sollevamento pesi con il Cupolone” – decisamente in palla con i papi.
Non manca solo la pacca sul sedere del papa, un progetto ancora più fantastico Rodari non realizzò, con Leopardi bambino: “Prendere Leopardi bambino, a Recanati: scrivere un «manuale dei giochi» che facevano lui, Carlo e la Paolina vestita da prete (pensa! le messe nere!), intitolare il tutto «I giochi di Recanati»”, e farcirlo con le parole del «Sabato del villaggio» e della «Ginestra»”. Peccato. 
Gianni Rodari, Lettere a Don Julio Einaudi Hidalgo Editorial, Einaudi, pp. 126 € 10,50

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