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martedì 21 aprile 2009

Chiedere i danni ai giudici napoletani

I giudici di Roma che dicono irrilevanti le intercettazioni napoletane a carico di Saccà e Berlusconi si riservano di decidere sulla distruzione delle intercettazioni stesse. Che a questo punto sono una prova a carico della Procura napoletana. I giudici romani non procederanno mai contro gli intercettatori: giudice non mangia giudice. E, certo, non si può portare in tribunale l'apparato repressivo, quando non usa il kalashnikov. Ma la Repubblica dovrebbe pur pretendere un qualche risarcimento da questi giudici che si atteggiano a paglietta, a Napoli e altrove, a grandi fratelli, furbi, faziosi nel migliore dei casi, strafottenti, e di “tutto meglio che lavorare” fanno una bandiera,
I sei mesi d'intercettazioni del telefono di Saccà – che aveva scelto Napoli come sede di Rai Fiction per portare lavoro e decoro alla città... - sono stati una distrazione non incolpevole di forze di polizia giudiziaria, di soldi e di attenzione nel momento in cui il territorio della Procura era sommerso di rifiuti. Così come la Procura antimafia della stessa città si era distratta per due anni per controllare i telefonini di Moggi – 120 mila pagine di trascrizioni... Ma, poi, non è questa la Procura che ha cacciato il Procuratore capo Cordova per poter non lavorare? Complice il Csm del galantuomo Ciampi, purtroppo: non bisogna illudersi. Non c'è in nessuna legge o consuetudine che le Procure della Repubblica possano divertirsi a spese della Repubblica, e che spese!, c'è solo nel loro potere di ricatto verso chi dovrebbe sancrne il corretto funzionamento.

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