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sabato 26 giugno 2010

Jünger e Heidegger, goliardi nella vergogna

Se non fossero due studiosi, pensatori da una vita, estimatori della cultura, potrebbero essere due goliardi un po' sentimentali, che nella guerra perduta e la vergogna personale si tengono su con le facezie. Nessuna passione, né emotiva né critica, se non la tigna dell'"avevo detto". E i nonsensi "L'uomo logo-tenente del niente", Λεγω → αΛεγω → αλγος, lo svanimento, la scomparsa del meraviglioso, sostituito (sic!) dalla paura, dalla vertigine...
È l'età? Sì, l'età fissa i connotati. Il fondo reazionario emerge così limpido: il nichilismo è, benché asettico, esplosivo atto a minare tutto ciò che è moderno, sociale, politico. E allegramente vivono "Il disagio della civiltà" che impensieriva Freud.
In questo è anche la loro simpatia: poiché non gliene importa nulla, sono gli spensierati sghigazzanti compagnoni, quelli che la racciontano fine e (Heidegger, sul filo del nulla verbale) quelli che la raccontano grossa. Non c'è solo lo humour inglese sul versante leggero della letteratura, ci sono anche i buffoni, i clown, le pernacchie, l'irrisione, la grossolanità.
Jünger-Heidegger, Oltre il limite

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