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mercoledì 15 dicembre 2010

La sconfitta di Fini scompagina la sinistra

Fini ha sfiduciato Berlusconi, certo di abbatterlo, ma la sua mozione è stata bocciata. Il fatto è questo. Era inevitabile, con un "compagno di strada" diventato d’un tratto non solo il peggior nemico di Berlusconi, cui deve praticamente tutto, ma anche laicista e ribaltonista, e inevitabile è emerso martedì un fronte non solo frantumato della sinistra, ma nella confusione e senza idee - dare credito a Fini... Nel blocco berlusconiano non sono pochi, ex socialisti ed ex radicali, che spingono verso un rilancio d’iniziativa politica a tutto campo, anche fuori degli steccati.
Specie per quanto riguarda i temi etici, con un voto sul testamentio biologico, e una revisione della 190 sul termine massimo per l'aborto, riducibile da 24 a 21 settimane. Sul presupposto non peregrino che se la maggioranza ha ora meno voti, tuttavia è più omogenea, o come dicono coesa. E senza alternative: follia pensare a un governo Tremonti con Fini, o viceversa, ipotesi che pure ci hanno propinato.
Fini ha tentato con la mozione un nuovo Raphael – dev’essere la sua idea politica dominante, prendere il potere mandando in piazza gli psicolabili con lo sdegno. L’ha fallita, e non poteva essere che così. Intanto perché Berlusconi non è Craxi - eh sì, sa riconoscere i nemici, e non si lascia intimidire. Ma soprattutto perché il Vaticano ha schierato i cardinali, di fronte al suo laicismo assurdo. E Napolitano ha raffreddato la sfiducia rinviandola. Un atto di vera politica – che fa da sola capire l’abisso con l’incapacità e il golpismo (lo scarso o nullo senso della istituzioni) di Scalfaro: trovarsi un governo Fini-Casini-Bersani-Di Pietro, e passare alla storia quale affossatore dell’euro, deve aver fatto temere al presidente della Repubblica un’altra Santorini, lo sconvolgimento che quattromila anni fa fece scomparire la civiltà dal mediterraneo.
Fini non poteva che perdere, ma gli esiti li paga la sinistra. Il primo segno di debolezza è visto nella dipendenza da Fini. Più che i finiani, capaci come si è visto di smarcarsi, sembrano rimasti succubi di Fini personaggi come la Bindi e Franceschini, e lo stesso Bersani. Che si trincera dietro un “l’avevo detto”. Bersani aveva detto: “Comunque vada, per Berlusconi è una sconfitta”. Anche Vendola ha deluso, il presidente della Regione Puglia che Berlusconi pronosticava leader del centro-sinistra. In una mossa poco pubblicizzata ma sintomatica, ha fatto giudicare “non conformi alle regole” i carichi d’immondizia napoletana che si era impegnato a smaltire, e “respingere alla frontiera”. Tutto per non consentire al governo, e cioè a Berlusconi, di annunciare magari a Natale di avere ripulito Napoli – tenendo perciò Napoli nell’emergenza. E magari per confluire al disordine che s’immaginava per martedì.
Quella dei “disordini organizzati” è in questo momento la preoccupazione maggiore dei berlusconiani. L’orrenda giornata del 14 dicembre avrebbe oscurato il 12 dicembre di piazza Fontana non a caso, e le reazioni dei partiti di sinistra, compreso quello degli ex neofascisti, sono giudicate peggiori delle cosiddette manifestazioni spontanee, e confermano i peggiori dubbi. Si denuncia anche come ripetizione del copione di quarant’anni fa la compiacenza, quando non è giubilo, dei maggiori giornali, che riferiscono degli assalti come di una ragazzata, una fiammata che avrebbe coinvolto tanti ragazzini altrimenti spensierati. Mentre nella sinistra politica ci sarebbe la stessa sottovalutazione, pari pari come nel 1969, alle radici del terrorismo: l’assalto a Roma è opera dei black bloc, di provocatori, di squadracce, i manifestanti erano pacifici e bravi, la questura deve rispondere del finanziere fotografato con la pistola in mano. Una valutazione che sarebbe contraria all’evidenza: l’assalto durato alcune ore, coordinato, quindi organizzato e non estemporaneo.

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