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martedì 14 dicembre 2010

Battista, o l’antipolitica feroce di Milano

Pierluigi Battista si deve aggrappare al libro di Serena Vitale, “A Mosca! A Mosca!” per denunciare lunedì sul “Corriere della sera” la spessa cortina di disinformazione che il sovietismo ha stesso sui suoi orrori. In una rubrichina di commenti poco letta. Dove si alterna, una volta al mese o due, con Piero Ostellino, altro liberale residuo del giornale. È proprio vero che i liberali sono finiti allo zoo – almeno, quelli che non sono andati al governo con Berlusconi. Sicuramente quelli del “Corriere della sera”, il giornale di Milano, e della feroce antipolitica della capitale morale d’Italia – “organizzare” cinque o sei cortei, per fortuna andati deserti, a Roma attorno al Parlamento il giorno del voto di fiducia, portando nella capitale come massa d’urto i disoccupati napoletani, che non vanno in giro per niente, è ferocia antipolitica.
Non c’è potere o simulacro che tenga: Milano ha imposto e impone all’Italia Bossi e Berlusconi, e ogni giorno li svilisce, ha imposto e impone Mani Pulite, e ogni giorno moltiplica i corrotti e i corruttori, i giudici compresi, chiede più mercato e meno Stato, ma per conto del Sud, a Milano le sovvenzioni e le aziende pubbliche ci devono essere. Si capisce che il sovietismo italiano non abbia mai fatto ammenda, soprattutto a Milano, e soprattutto al “Corriere della sera”, dove non pochi delitti ha commesso, nel giornale, nel sindacato, nelle politiche aziendali, in forma di censure, isolamenti, siluramenti, e ruberie autorizzate.
Forse per questo Battista deve lanciare la sua invettiva sotto specie di recensione. Perché “A Mosca! A Mosca!” del sovietismo si occupa poco, se non incidentalmente, per i danni che la Vitale, recandosi a trovare Viktor Sklovskij, provocava non volendo a un vicino del linguista, sospettato di essere un dissidente. Non ci sono i compagni italiani a Mosca, o a Praga, non c’è l’hotel Lux, dove i compagni di notte sparivano, denunciati da altri compagni, non c’è l’alcolismo dell’infame breznevismo. E anzi c’è, da ridere certo, la moria provocata dall’antialcolismo di Andropov e Gorbaciov: Serena Vitale è insomma essa stessa politicamente sensibile, sa che non bisogna incidere il sovietismo residuo, imperante nell’editoria e la comunicazione. Battista allora osa di suo, rinforzando la finta recensione con l’irreducibile Kundera: era l’epoca in cui “il poeta regnava a fianco del carnefice”. E con Vargas Llosa al premio Nobel.
Battista del resto avrebbe potuto fare meglio della slavista, raccontare la sua defenestrazione dalla vice-direzione del giornale, insieme con Dario Di Vico e col direttore Paolo Mieli, non molto tempo fa, un paio d’anni, per dare mano ai dossier e ai “padroni”, di cui i sovietisti impenitenti sono gli ascari fedeli, nella loro battaglia contro la politica. Avrebbe almeno potuto dire perché nessun giornale, compreso il suo, non ha dato conto del discorso di Vargas Llosa al premio Nobel. Si limita a citarlo: “L’intellighenzia dell’Occidente sembrava, per frivolezza o opportunismo, soccombere al’incantesimo del socialismo sovietico o, peggio ancora, al sabba sanguinario della rivoluzione culturale cinese”. Insomma, si può criticare “Milano” in una colonnina delle 56 pagine del giornale, ma con prudenza.

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