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venerdì 20 settembre 2013

Quando l’Italia fu divisa, dall’unità

La storia d’Italia comincia a metà Ottocento. Pasquale Villari, Giuseppe La Farina, Luigi Zini, modenese dimenticato, Carlo Botta, Luigi Carlo Farini, il futuro luogotenente di Cavour che affosserà il progetto, e Isidoro Del Lungo sono all’opera per trovare “il vincolo occulto” (Del Lungo) tra gli Stati italiani. Ma c’erano due partiti, e gli studi si sono cristallizzati su due Italie. Lì sono rimasti, benché due Italie siano altrettanto arbitrarie che una.
Cavour aveva mandato a Napoli Salvatore Pes, marchese di Villamarina, col quale s’intratteneva in francese, e l’ammiraglio Persano. Per far sollevare Napoli, prima che Garibaldi gliela liberasse. Ci aveva pensato per tempo, inviando Villamarina a gennaio del 1860. Ma il marchese non era ancora arrivato che già si disimpegnava col suo capo: “I napoletani “tutti mentono più o meno… la nobiltà è nulla o sanfedista… La massa è stupida e brutale… Nel terzo stato si trova qualche individualità, qualche bella intelligenza, ma di natura paurosa, senza energia”. A febbraio si ripeteva: “Li credo incapaci”. Persano sarà più diplomatico. Ma a metà agosto Cavour si disse deluso con Ricasoli, niente rivoluzione a Napoli: “Gli abbiamo dato tutti i mezzi per farla: armi, denari, soldati, uomini di consiglio, uomini d’azione. Se la materia nel Regno è talmente infradicita da non essere più suscettibile di fermento, io non so che farci”.
Altri meridionali fuorusciti e l’ammiraglio Thaon de Revel misero in guardia Cavour sull’incapacità dei suoi inviati, che per questo addebitavano ai napoletani la mancata sollevazione della città. Cavour ci ripensò, che non poteva fare l’unità senza i suoi “cari napoletani”, ma era già troppo tardi. Costantino Nigra, partendo per Napoli come segretario del principe di Carignano, terza scelta di Cavour a Napoli in sostituzione del cattivissimo Farini, aveva, confidò agli amici, “una paura maledetta”.
Farini sarà quello degli “affricani”. In viaggio senza soste dall’Adriatico a Teano per l’incontro, attraversando Molise e Terra di Lavoro, si eternizzerà sbuffando, nel suo primo rapporto a Cavour: “Che barbarie! Altro che Italia! Questa è Affrica: i beduini, a riscontro di questi caffoni, sono fior di virtù”. Non che ne conoscesse molti: Farini non era stato e non andrà mai in Affrica. 
Claudia Petraccone, Le due civiltà. Settentrionali e meridionali nella storia d’Italia dal 1860 al 1914

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