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domenica 20 marzo 2016

Il degrado delle istituzioni

Non c’è fine al degrado del Parlamento, ormai da venticinque anni, da quando sono scesi i padani.  Fino al bar della Camera che, unico a Roma, deve pretendere lo scontrino prima della consumazione.  C’era gente – si può testimoniarlo – che mangiava a sazietà e ala cassa denunciava  solo il caffè. Per lo più Cinque Stelle, ma non solo.
Si dice disprezzo ma è ignoranza. Furbizia. Crassezza. Un Parlamento, si sarebbe detto una volta, da Terzo mondo. Ma il Terzo mondo ha la dignità della politica. Che invece Bossi e Grillo hanno infettato inesorabilmente, gloriandosene.
Non bisogna illudersi sulle proprietà politiche dei Parlamenti. Non ce n’è uno che sia un vero Parlamento, che sappia discutere, che discuta, e prenda decisioni, a parte il Congresso Usa. A palazzo Madama e a Montecitorio c’è solo squallore: abbiamo ora i parvenus della politica. Giovanotti e sempliciotti, che, magari per poter sfoggiare avvenenza o muscoli, occhi cerulei o barbe e tatuaggi, si guadagna le platee tv, e questo li incorona legislatori saggi e potenti.
Perché gli italiani li votano? Gli italiani non possono candidare, possono solo votare. Ma li votano anche in pochi, meno della metà degli aventi diritto. E normalmente non li votano una seconda volta: il voto mobile, che fino a venti-trent’anni fa era limitato a un cinque per cento dell’elettorato, rispetto al voto raidcato, di ideologia o semplicemente di partito, sui 2 milioni e mezzo di votanti, oggi è una buona metà.
Renzi si accanisce ad abolire il Senato. Ma il Parlamento non si è abolito da solo?

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