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giovedì 8 dicembre 2016

Butterfly suicida per femminicidio

L’edizione “originaria” che Riccardo Chailly ha voluto, sulla scena fissa di un Giappone da cartolina, nella stilizzazione pseudo Nô, è una riesumazione da epoca di femminicidi. Molto poco giapponese-americana, da clash di civiltà o dramma dell’occidentalizzazione (modernizzazione), quale era il dramma musicale di David Belasco da cui Puccini trasse ispirazione. Una donna sola in un mondo ostile, non più una ragazza giovane vittima dell’amore. Come forse è sbagliato, ma così si raccontava all’epoca, primo Novecento dopo tutto l’Ottocento: la donna è fragile, e solo vive d’amore.
Una esumazione che Chailly ha voluto come risarcimento a Puccini per l’accoglienza ostile della Scala al debutto nel 1904. Fuori di questa novità, una produzione modesta. Che probabilmente Puccini non avrebbe gradito. Della “esile giapponesina” aveva addolcito il carattere schematico – ideologico. Dei comprimari aveva ispessito i sentimenti, non più schematizzati. L’esumazione ha un effetto doppio di pialla: nonché Pinkerton e gli altri, la stessa Cio-Cio-San che domina la scena non è: non è una geisha, non una ragazza molto giovane, non è giapponese, non ha fatto un contratto a tempo. Se non la vittima da immolare. Forse per questo apprezzata dal pubblico della prima.
Giacomo Puccini, Madame Butterfly, Teatro alla Scala, ed. Riccardo Chailly

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