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mercoledì 13 marzo 2019

Antidemocratica la laurea per tutti

Le industrie e gli affari vogliono le lauree magistrali – il 70 per cento dei manager assume laureati a cinque anni. Non c’era da dubitarne, all’industria e negli affari serve gente formata, non diplomati, reduci da un esamificio, da una sorta di scuola dell’obbligo universitaria – un titolo non si nega a nessuno. Cade l’ultima maschera dell’infausta riforma universitaria di vent’anni fa, del ministro Berlinguer, mascherata da democratizzazione dell’università, con accessi liberi e “politiche del non-abbandono”, cioè il tutti promossi. Una “riforma” che Moratti e Gelmini, patrone dell’università privata, non hanno fatto che aggravare, “esecutrici volenterose”: il danno della “riforma” è mirato all’università pubblica, per aprire il business, quello sì molto anglosassone, dell’università di mercato, dai trenta ai centomila euro, l’anno – con finanziamenti bancari agli studi, etc, la solita economia del debito.
Cade con i manager una delle tante maschere. L’altra, altrettanto radicale tra le tante, è l’abbandono delle humanities per un presunto percorso pratico di studi, presunto modello vincente anglo-sassone. Per cui all’università non si impara un mestiere e non si impara a imparare: niente. Con grave danno dei ragazzi e delle famiglie, illuse. Con gravi restrizioni alle classi meno abbienti, quelle che non hanno i libri in casa. Che non sapranno nulla di storia né di geografia, cioè non sapranno nulla.


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