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mercoledì 10 giugno 2020

Piovene ha i calori

Un libro di umori. Una sorta di auto-pamphlet, di resa dei conti con se stesso, oltre che con il mondo: le furie sono dell’autore, che le rammemora passeggiando. Incontri, visioni, allucinazioni. Di persone, conoscenze, cose vista, cose note, lette, discusse, immaginate, con  buona dose di realismo. Che Piovene rivendica: “Io non sono un fantastico, nemmeno un inventivo, e nemmeno un realista, ma sono un visionario di cose vere”. Come si vogliono tutti i narratori. E i giornalisti d’invenzione. Anche se la cosa è forse una tara, in termini di verità – Piovene resta persona inquieta, ma anche controversa.
Sul giornalismo, che ha praticato ogni giorno per decenni, è cattivissimo fin dal primo giorno di pratica: “C’erano, in alto, i divi, che non comparivano, con uno speciale diritto. Era il diritto di promuovere bugie senza esserne convinti”. E via di questo tono: amicizie, mori, passioni, riserve, ostilità. Da ansioso, si direbbe, un po’ angosciato.  O uno sfogo da menopausa, se si può  dire così, per un uomo, la fine delle illusioni. “Ai pretesti si deve il riuscire a non vivere in una dimensione sola, un universo folto di relazioni, pieno di porte spalancate. Senza prestesti niente metafore, cioè poesia”.
Guido Piovene, Le furie, Bompiani pp. 352 € 13


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