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martedì 4 agosto 2020

Gran Teatro Napoli

Dell’eccezionalità di Napoli – la città non sa pensarsi in altro modo. Anche in Germania, per la verità: il libro è l’omaggio degli editori tedeschi all’Italia alla Fiera del Libro di Francoforte del 1988, tradotto da Einaudi alcuni anni dopo. Dal titolo originale fortemente evocativo, con Ingeborg Bachmann, il poemetto “Das erstgeborenes Land”, la prima terra, dedicato al Sud, all’Italia, il paese dove aveva scelto di vivere: “Neapel - «Da fiel kein Traum herab…\ Da fiel mir Leben zu…», non è un sogno, è la vita.

E del resto, che cosa (non) si è detto di Napoli, dadapolis. Tra le sirene e l’Acheronte, l’oscuro Averno e gli eterni Borbone. Un libro d’autore, degli autori, Ramondino e Müller. Non un’antologia, ma un collage, un quadro, lo dice Ramondino nell’invito. Deprecatorio, inevitabilmente, già nell’indice: “Osci, Sanniti e altri cafoni”, “Smarrimento”, “Precarietà”, “Fuga”, “Denudamento”. Ma poi risarcitorio. Anche se nell’epilogo Müller vuole Napoli “una ferita”, non rimarginabile.
Che ne resta? A distanza solo l’inanità dei racconti di viaggio, altro che come racconti degli umori e caratteri dei viaggiatori stessi. Rare sono le impressioni con un fondamento reale, non suggestivo (suggestionato), sociologicamente significativo. Napoli ne è oggetto privilegiato. Il centinaio di autori qui utilizzati ne sono l’efflorescenza, ma non lasciano traccia. Forse fantasiosa ma fugace. Napoli resta Napoli. Città di operai, industriosa, inventiva, attiva, e di lazzari, ladri, imbroglioni. Di buone idee e buona amministrazione, e di pessima. Di ottime scuole, umanistiche, scientifiche, estetiche, di mestieri e professioni, e di nessuna scuola. Di cuore e cinica – meglio non trovarsi nel bisogno a Napoli. Un po’ come ovunque. Un po’ più accentuato – teatrale?

Le fonti sono tedesche, prevalentemente, italiane, francesi e russe, più due inglesi - in anticipo sulla Brexit?

Fabrizia Ramondino-Andreas Friedrich Müller, Dadapolis

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