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martedì 17 novembre 2020

Quando il calcio era Totti

Una celebrazione, purtroppo chiusa sull’amaro, con la polemica, lunga, incattivita, contro l’allenatore Spalletti che non voleva più il quarantenne Totti, benché tonico (o non aveva preso impegno con la società di convincerlo a smettere, per risparmiare sull’ingaggio?).  E manca del tutto il Totti delle barzellette, di persona che le ha accettate con grandissima presenza di spirito - e ne ha anche tratto ampio beneficio, generoso, per opere di bene. Resta il piacere di un Totti bel ragazzo biondino, che smarca e segna con tre\quattro geometrie calcolate, non casuali. Della grande famiglia Totti, fino ai suoi bambini, con Ilaryi. Degli amici di sempre, tutti puliti - già il tatuaggio è sospetto. Dei tanti allenatori che hanno dato a Totti e alla Roma, Mazzone, Zeman, Capello, compreso il primo Spalletti (manca Boskov) - mentre dell’enigmatico argentino mister Bianchi (bianci), che voleva Littmanen e non Totti, si dice giusto il giusto. E un calcio inventivo, frizzante, non lo smosciante possesso palla di questi anni – prendere palla di fronte al portiere avversario, portarla rinculando fino al proprio portiere, che poi nel migliore dei casi rinvia con un calcione, fuori campo, o su una testa avversaria. Con la fedeltà alla squadra, che era – ed è, sarebbe – il cemento del tifo, dell’orgoglio di bandiera, di un po’ di passione.
Già un com’eravamo del calcio, già un Totti è così remoto?
Alex Infascelli, Mi chiamo Francesco Totti, Sky

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