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martedì 17 novembre 2020

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (440)

Giuseppe Leuzzi

C’è un Dyonisos Taurokeos. C’è anche, nell’“Aiace” di Sofocle, e a Andros, nelle Cicladi, una Atena Taurobolos, o Tauropolos. Non  si indaga abbastanza il toro onnipresente, nella simbologia e nella toponomastica, in Grecia e nella Magna Grecia, eredità dei Micenei, prima della civiltà greca e quindi della Magna Grecia – dove pure le tracce sono frequenti e anche vistose.
Il Dizionario Italiano Olivetti elenca Taurina (s. femm.), taurinense, taurino (agg.m.), taurisanese, tauriscio, taurite, tauro,taurobiliare, taurobolo, taurocaptasie (sost. femm. pl. – ma di “taurocaptasie, giochi del toro, in Tessaglia tratta a lungo Evans, l’architetto di Cnosso, n.d.r.), taurocolato, taurocolico, tauroctonia, taurocton, taurodesossicolico, taurodontìa.
 
Il Grand Tour, il viaggio italiano di iniziazione alla storia e all’arte dei ricchi e nobili europei, escludeve fino a tutto il Settecento la Magna Grecia e la Sicilia, cioè il Sud: troppo pericoloso. La fama è antica.
 
Sudismi\sadismi
In un soprassalto d’intelligenza Conte nomina Eugenio Gaudio, calabrese, medico, ricercatore e manager, commissario alla Sanità in Calabria. Gaudio rinuncia, o non accetta la nomina. E ha di che. Il “Corriere della sera” non ha trovato di meglio che dirlo “indagato”: “In Calabria tocca a Gaudio (ma è indagato)”, a corpo 36.
Gaudio, con un H-index (misura la qualità della ricerca) elevatissimo, 75, ex preside di Medicina all’Aquila, ex rettore della Sapienza fino all’altro ieri, uno che sa l’inglese come gli inglesi, per il giornale milanese è solo “un indagato”. Per la solita faida tra giudici, a Catania: il Procuratore nuovo contro il Procuratore vecchio, che accusa di avere pilotato l’assunzione della figlia all’università. Gaudio non c’entra, ammesso che il fatto criminoso ci sia stato, ma questo non interessa, basta poterlo dire “un indagato”.
Quello che si dice “un avvertimento”. Che il “Corriere della sera” fa dare opportunamente dal suo corrispondente in Calabria, Carlo Macrì.
 
Sulla stessa linea lo stesso giornale si affida a Marco Demarco, ex direttore del “Corriere del Mezzogiorno”, la sua edizione napoletana,  per ironizzare sul primadonnismo dei politici nella pandemia. Demarco sceneggia De Luca vs. De Magistris, il presidente della Regione Campania contro il sindaco di Napoli (non bene: mette in scena De Luca ma non De Magistris, ma questo è un altro discorso). Niente di più ridicolo, nella tragedia, del presidente della Regione Lombardia e del suo assessore alla Sanità, traffichini, inconcludenti. Ma questo si lascia a Crozza – il “Corriere della sera” sarà sempre dell’opinione del suo segretario di redazione (da Tropea) che a Natale del 1955, al tempo di Mike Bongiorno e “Lascia o raddoppia”, sentenziò: “Se non ne parliamo  noi, non esiste”.
 
Cupole, coppole e spesa storica - un’altra storia
L’insouciance del governo – l’albagia, la supponenza, la disattenzione esibita - sulla Calabria, sulla sanità e il relativo commissariamento, ha buttato la questione in ridere, per cui, vedi Crozza e buon numero di quotidiani, la sanità nella regione è al solito questione di cupole e coppole, mafiose. Mentre il problema è uno solo, e neanche difficile, che un qualsiasi governo, anche mezzo governo, avrebbe affrontato e risolto: la spesa storica.
Che la sanità venga garantita in base alla spesa storica è un abuso e una stupidaggine. Vuol dire che i calabresi, con gran concorso di spese, se non altro per i viaggi, dovranno continuare a correre, per curarsi, a Roma e a Milano. Ma così è – è stato per dieci anni e continua a essere. È un aspetto della ineguaglianza nella distribuzione della spesa pubblica. Non nuova, ma ultimamente aggravata.
Il concetto di spesa storica è lo zoccolo di qualsiasi trasferimento pubblico: “quanto hanno avuto l’anno scorso? aggiungiamoci uno zero virgola”, e la pratica è chiusa. La burocrazia s’acquieta così, altrimenti dovrebbe lavorare: calcolare, decidere. Ma questo semplicemente significa che chi più ha più avrà. Che sembra lapalissiano, e lo è: una sciocchezza. E tutti lo sanno. Compresi i ministri Pd meridionali nel governo a base 5 Stelle, Boccia, Provenzano (ex Svimez, se non lo sa lui) e Speranza, che però non cambiano: la sinistra si vuole aralda indefettibile del Mercato.
Su “basi storiche”, la spesa pubblica complessiva annua per servizi (scuola, sanità, ferrovie, assistenza) e infrastrutture si è così divaricata a dismisura. Va dai 27.874 euro pro capite della Valle d’Aosta ai 9.761 euro della Calabria (la spesa pubblica annua in euro pro capite è calcolata da Eurispes, sui Conti Pubblici Territoriali, come valori medi per il primo Millennio, gli anni 2000-2017). Prima della Calabria vengono per ultime tutte le regioni meridionali: Puglia, Sicilia, Campania, Basilicata, Molise, Sardegna, Abruzzo. In ordine crescente di spesa, ma tutte al disotto abbondantemente della media nazionale dei trasferimenti pubblici, che è stata di 16.697 euro.
A seguire la Valle d’Aosta tra  le regioni privilegiate vengono Bolzano, Lombardia, Lazio e Trento, con oltre 21 mila euro pro capite, Emilia, Friuli e Liguria con oltre 19 mila. Una bella differenza.
 
Si ricicla – senza la ‘ndrangheta?
“Oltre duemila miliardi” di dollari sono stati riciclati dalle grandi banche, Deutsche, l’olandese Ing la francese Société Générale (ma l’elenco è lungo: JPMorgan Chase, HSBC, Standard Chartered, Bank of New York Mellon, American Express, Bank of America, Bank of China, Barclays, China Investment Corporation, Citibank, Commerzbank, Danske Bank, First Republic Bank, VEB.RF e Wells Fargo). Negli anni dal 1999 al 2017. Pur sapendo della provenienza illecita, senza scrupolo.
Non è una novità. Si suppone, si sa, che le banche preferiscono il denaro sporco, ci guadagnano molto di più (il pizzo…), in commissioni, custodia, cambio. La novità è che il riciclaggio è documentato, dai FinCen Files del dipartimento americano del Tesoro, i documenti del Financial Crimes Enforcement Network del ministero, una sorta di polizia finanziaria. Il sito americano di indiscrezioni Buzzfeed ne è venuto in possesso, e li ha pubblicati il 20 settembre, coadiuvato dall’International Consortium of Investigative Journalists, l’organizzazione dei giornalisti d’inchiesta. Sono oltre 200 mila files, che documentano altrettante operazioni sospette.
I giornalisti d’inchiesta hanno accertato anche che la documentazione non ha prodotto nessuna conseguenza - eccetto un crollo temporaneo dei titoli bancari in Borsa il 21 settembre, il giorno dopo la pubblicazione (ma la Borsa ha la memoria corta, l’incidente è dimenticato). Né negli Stati Uniti, che del riciclaggio avevano cognizione documentata da tempo,  né altrove, in Europa, in America Latina, in Asia: né i governi né le banche hanno fatto nulla per arginare il riciclaggio. In Europa non c’è nemmeno un organismo di segnalazione, se non di controllo, alla Bce o altrove (c’è in Italia, alla Banca d’Italia attraverso l’estinto Ufficio Italiano Cambi, ma può agire solo in via giudiziaria, cioè in tempi fuori dal tempo).
Ma anche questo si poteva dare per scontato. Il problema è che questo traffico si svolge senza la ‘ndrangheta. E come è possibile? I servizi si devono svegliare, che ne è della Calabria über alles, al comando del mondo? Aisi e Aise, ancora uno sforzo.
 
Milano
“All’infuori dei polacchi, non c’è nell’intera Europa gente che abbia, in fatto d’invasioni nemiche, la tremenda esperienza degli italiani del Nord” – Guido Morselli, “Contro-passato prossimo”, 95.
 
“La grande pinacoteca di Brera fu fondata dal viceré Beauharnais, che letteralmente sequestrò alle regioni veneta, lombarda, romagnola, emiliana e marchigiana molti quadri che ormai erano avviati a rapida rovina”, F. Zeri, “Dietro l’immagine”, 120. Un francese che non rubava. Ma ben un francese, per pensare Brera.
 
“Non appena  i quadri” di Brera “giunsero a Milano, accadde un fatto che, ai nostri occhi, può sembrare piuttosto bizzarro” , id.: “Una commissione li divise in tre categorie: categoria A, da esporre, categoria B, da tenere in deposito, categoria C, da vendere”. Come categoria C, “insieme a opere di nessuna importanza furono venduti anche capolavori, o pezzi di capolavori”.
Tanto bizzarra la vendita non è, prima dell’arte viene l’avidità.

“Tra poche ore le ambitissime sneaker della catena Lidl saranno finalmente acquistabili anche in Italia a 12,99 euro. Spazio anche a ciabatte, calzini e t-shirt. Tutto in edizione limitata”. Blurb – gratuito? - gigantesco del “Corriere della sera” al discount tedesco di periferia: l’indomani è un pandemonio a piazza Corbetta, mezza Milano si litiga le scarpe e le ciabatte. Indifferente ai contagi e alle ore di attesa.
 
C’è anche chi ne ha fatto incetta, delle scarpe-non scarpe Lidl. Sempre sfidando il virus. All’ora di pranzo le stesse scarpe, colorate ma non utili, erano in vendita su eBay e altrove a prezzi d’affezione. I milanesi si facevano pagare la sfida al virus.
 
In primavera s’infetta di covid mezza Lombardia: Lodi, Cremona, Mantova, Pavia, Brescia e fino a Bergamo. Questo novembre, piena di anticorpi la Lombardia padana, è la volta di Varese e Como. La Lombardia non si priva di nulla, anche a rischi di morire. Ma altrove questa pratica si direbbe colposa.

leuzzi@antiit.eu 

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