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martedì 16 maggio 2023

Capitalismo di Stato made in Usa

Il liberismo americano, che viene imposto al mondo attraverso il Fondo Monetario e la Banca Mondiale (le “riforme”) si coniuga negli Stati Uniti a un massiccio intervento pubblico. Per infrastrutture non solo, molto di più per quello che viene detto politica industriale, incentivi e contributi alla produzione. Non solo nelle crisi, come è stato nel 2007-2008 per prevenire il collasso bancario e salvare i depositi, ma come vere e proprie sovvenzioni alla produzione.
Si dibatte ora al Congresso sull’innalzamento del tetto al debito pubblico, che in America è fissato per legge. Ma non è una  novità: ogni pochi anni questo limite viene innalzato - serve da freno non da ostacolo alla spesa pubblica, specie quando è produttiva, un aiuto alla produzione.
Questo aviene con le amministrazioni democratiche come con le repubblicane, teoricamente più liberiste. La presidenza liberista per eccellenza, quella di Reagan, con la semplice Strategic Defense Initiative, il programma militare spaziale, effettuò investimenti massicci nella ricerca scientifica e tecnologica del comparto militare-industriale – vantando ricadute su tutto il sistema produttivo. Di molto maggiore impatto è ora la politica industriale di Biden, con le due leggi di un anno fa, Inflation Reduction Act  (Ira) e Chips and Sciencce Act.
La presidenza Biden fa valere, nel dibattito in corso con il Congresso sull’innalzamento del tetto all’indebitamento, che esso è necessario per contrastare il capitalismo di S tato cinese. Che opera senza vincoli di bilancio. Ma Biden viene dopo Obama, anch’egli trasgressivo ai limiti di legge, che veniva dopo Bush jr. e le sue guerre, che veniva dopo Clinton, uno scialacquatore, che veniva dopo un dodicennio repubblicano non molto virtuoso.

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