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martedì 27 giugno 2023

Se l’eroe dell’Occidente è Prigozhin

È sconfortante leggere nei giornali italiani e in quelli americani il tifo per Prigozhin. Che è un brigante – un fatto ben presente oggi ai iministri degli Esteri della Ue riuniti, perfino al parolaio Borrell, la Farnesina non ha avuto problemi a mettere la cautela in agenda.
Si potrebbe pensare che è per l’abitudine ormai ossificata alle “notizie di guerra”. Artefatte per natura; un genere d’informazione che accompagna in guerra le operazioni militari, notizie di battaglia. Specialmente insistenti e anche brillanti in questa guerra, ogni giorno due e anche tre, un grande sforzo che gli inviati si limitano a sceneggiare - allungare, adattare, caricare di aggettivi e innuendo. Ma Prigozhin, che fino a ieri era un macellaio, quello che fece fuori la brigata Azov “martire”, quello di Bakhmut. E lo è in effetti, perché il suo più ricco business è da una decina d’armi, insieme al traffico d’armi, un esercito di mercenari – come al tempo di Machiavelli. Che si fa ben pagare dai cacicchi africani e arabi, e ora, in questa guerra, dalla Russia.
Tutta ignoraza non dev’essere, i media sono mezzi collettivi, gerarchizzati, non li indirizza un inviato, che si limita a riscrivere le agenzie, che mediano le notize di guerra. Un Prigozhin al posto di Putin non è una prospettiva buona per nessuno. Va bene odiare i russi, se il direttore comanda, ma senza juicio?

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