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venerdì 6 ottobre 2023

La banalità di Heidegger

Il convegno “Heidegger und die Juden”, Heidegger e gli ebrei, organizzato il 30 ottobre-1 novembre 2014 a Wuppertal da Peter Trawny, il curatore dei “Quaderni neri” di Heidegger, a ridosso dell’uscita del primo della serie, non esprimeva dubbi: nessuno dei partecipanti si chiede se, o cerca di spiegare il come e il perché - Trawny ne aveva anticipato le conclusioni col volume “Heidegger e il mito della cospirazione ebraica”.
Si è parlato molto al convegno di antisemitismo “istoriale”, inscristo nella “storia dell’essere”. In una storia della filosofia che vede il pensiero greco (e tedesco, quanto meno di Heidegger) osteggiato e rovesciato dall’ebraismo: dalla “modernità”, dal “potere del macchinismo”, proprio di un popolo senza patria. Un indirizzo cui Trawny introduce per primo, e poi di Donatella Di Cesare e altri interventi. Con riferimento allo stato dell’arte, al dibattito filosofico del primo Novecento, dal “messianismo profetico” di Hermann Cohen all’“ebraismo spirituale” di Cassirer, e fino a Lévinas, alle sue critiche di Heidegger. Con una contradizione, nota Di Cesare: così operando Heidegger cade nella metafisica che aborre, costruendo una “metafisica dell’ebraismo”.
La sintesi del convegno, redatta da Mādālina Guzun, su input di Trawny?, sì impianta sul contributo di Jean-Luc Nancy, “La banalità di Heidegger” – una traccia poi battuta da molti interventi. La “banalità di Heidegger” come la “banalità del male” di H. Arendt, il male diffuso dalla superficialità. La colpa di Heidegger è la sua “banalità” in tema, adagiarsi sulla doxa antisemita, il chiacchiericcio che imperversava dopo l’esito catastrofico della guerra, attraverso l’Europa, non solo in Germania. Senza porsi mai la domanda sui fondamenti dell’antisemitismo, e anzi elevandolo “istorialmente". 
Heidegger et le juifs
, “Bulletin Heideggérien” n. 5, 2015, academia.edu

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