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giovedì 11 ottobre 2007

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (2)

Giuseppe Leuzzi

C’è, nella superficialità, l’assolutizzazione del male. Il telegiornale parla dell’energia solare, che, in qualche paese, ha attirato l’interesse di alcuni criminali. “Se la mafia ci ha messo gli occhi sopra”, conclude il giornalista verde, “significa che il solare rende, è un buon business”. La mafia come entità metafisica. Non un imprenditore, magari balordo. Certamente non un teppista – come sono tutti i mafiosi quando cominciano.

Polizia. L’istituzione è recente, la sua filosofia appena abbozzata (Foucault, Fontana).
È lo strumento della giustizia: così è sentita, dopo la superfetazione degli apparati – polizia e carabinieri, guardia di finanza, vigili urbani, polizia municipale, polizia provinciale. Ma è l’interfaccia della criminalità, e in questo inevitabilmente uno specchio. Ma in minima parte, il resto è burocrazia, “posti”.

“The Departed” di Scorsese, “Il bene e il male”: la giustizia dei collaboratori di giustizia (chiamati anche pentiti, informatori, spie, infiltrati), un po’ dramma e un po’ farsa, tutto vero – eccetto il finale, dove il buono fa pulizia, rapido, definitivo, sintetico, anzi tacito. Vent’anni dopo “Quei bravi ragazzi”, Scorsese dice la realtà delle mafie: ora predomina la giustizia dei traditori di traditori. Il capomafia informatore dell’Fbi, cui vende i suoi nemici, la figura che per lo spettatore comune è la più inverosimile, è invece la più reale.

Lo spionaggio delle cose ha un valore, rubare un procedimento, un prodotto, fare le scarpe a un concorrente, magari per salvare un’azienda, sia pure la propria. Lo spionaggio delle persone è invece demenza: si parta pure dalla sicurezza dello Stato – dei cittadini: il bene comune – si scende inevitabilmente alla gagliofferia. Criminali che aiutano gli sbirri a tenere in scacco i buoni cittadini, questo sono le spie (gli informatori, i pentiti), non c’è romanziere inglese per quanto bravo che possa indorare questa squallida realtà: è il principio del “fare la spia” che induce alla malvagità.

A Capo Vaticano, tutt’attorno a Tropea, investimenti cospicui sono stati fatti per attirare il turismo della terza età fuori stagione, in primavera e in autunno, con pacchetti di grande convenienza – si possono fare sette giorni in mezza pensione con duecento euro, viaggio aereo compreso. La risposta c’è stata, soprattutto dalla Germania. Si trattava di consolidarla, aspettando il tempo necessario per graduali aumenti che portassero il tutto compreso a un livello redditizio. Ma è bastato poco per far saltare il promettente avvio, come in tante altre false partenze in Calabria col turismo. I frugali ospiti hanno continuato anche a Capo Vaticano, com’è loro abitudine in viaggio, a contenere il pasto di mezzogiorno in un cappuccino al bar e nella mela o l’arancia avanzata dalla cena del giorno prima. Gli esercenti di Capo Vaticano non si sono fatti i conti, si sono offesi: hanno rincarato il cappuccino, e hanno servito la frutta a mezza pensione già sbucciata e tagliata, di preferenza in macedonia. I tedeschi sono scomparsi.
Il turismo può avere la funzione di aprire delle società chiuse, di per sé non è un asset economico, e anzi come investimento è più spesso in perdita, se si sommano ai costi aziendali quelli pubblici e quelli sociali – è il caso della Calabria, se si sommano agli investimenti privati le campagne pubblicitarie di regione, province, comuni e associazioni, gli incentivi ai voli, gli incentivi all’ospitalità (alberghi, agriturismi, bed & breakfast), a fronte di entrate comunque irrisorie. Il turismo è una risorsa anzitutto sociale: è aprendo delle società chiuse che diventa un bene economico, in quanto le proietta nel mondo dell’economia. Dove si fanno i conti invece di arrabbiarsi.

“Il Capitano 2”, come tanti altre fiction poliziesche, ha sbirri e delinquenti che parlano italiano con un mix confuso di pronunce, una distintamente napoletana a Palermo, una palermitana a Reggio Calabria, eccetera. Parlano “meridionale”. Non si possono dire razziste: parlano confusamente una realtà che è essa stessa confusa. Nel “Padrino 3” (o è “Il Padrino 2”? quello in cui De Niro va a Palermo) ognuno ha, nell’edizione originale, la parlata del suo paese d’origine: il barbiere di Gioia Tauro parla come si parla a Gioia Tauro. Anche per questo l’America non è l’Italia. Sarà barbara o primitiva come vogliono i nostri (anti)americanisti, ma filogicamente è accurata, rispettosa.

Terremoti. Dieci anni per ricostruire Assisi e il resto dell’Umbria lesionato (poco) dal terremoto. Altrettanti per restaurare la cattedrale di Noto dopo il crollo. Imprese riuscite, queste due, di cui tutti si congratulano, a fronte dei terremoti che hanno lasciato strascichi ventennali, in Friuli, o trentennali, il Belice. Che pensare allora dei vituperati Borboni, che dopo i terremoti facevano ricostruzioni rapide, ben progettate, ben finanziate? Con studi geodetici-fisici, sismici, architettonici. In Sicilia Orientale, dopo il terremoto del 1683, hanno creato in vent’anni un mondo barocco di una ricchezza impressionante.

Il Sud comincia nel 1860.

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