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venerdì 17 ottobre 2008

I socialisti di Berlusconi non sanno che fare

Non è scattato l’orgoglio socialista a Milano venerdì 10 alla presentazione di “Rifare l’Italia”, una riedizione del discorso che Turati tenne alla Camera nel 1920 contro i massimalisti, il futuro partito Comunista. Tutti d’accordo quando Cicchitto ha affermato che “la sinistra è finita quando il Pci-Pds ha lavorato con alcune Procure, e alcuni potentati finanziari coi loro giornali, per distruggere il partito Socialista”. Poiché questa, malgrado tutto, comincia a essere la storia. D’accordo anche sull’antisocialismo viscerale di Veltroni, che lo stesso Cicchitto ha denunciato. Ma perplessi sul loro futuro nel partito di Berlusconi. Che privilegia ormai senza equilibrio la visione ciellina della società, o privatistica, nella sanità e nell’istruzione, università compresa. Il tutto in un’ottica confessionale.
Molti non sono andati a Milano, gli esponenti di primo piano dell’ex Psi nel governo: Tremonti, Sacconi, Brunetta, Bonaiuti. Ma più per evitare l’inevitabile trionfalismo di simili manifestazioni. Insomma, per il mal di pancia. La componente socialista del partito della Libertà, che ritiene di avere dato un grosso contributo di idee e di voti ai successi di Berlusconi, si pente del suo eccesso di fedeltà al Capo. “Per una volta abbiamo dato senza prendere nulla”, si scherza nel loro ambiente, ma con amarezza. Anche dal punto di vista personale: sanno che se la politica del governo Berlusconi è un’altra, in tema di federalismo scuola, sanità, diritto del lavoro, la loro stessa posizione entro breve tempo sarà superflua.

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