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venerdì 9 dicembre 2011

Contro il matrimonio, e contro l’amore

Breve annotazione a margine del più corposo “Le paradoxe amoureux”, contemporaneo di questo pamphlet ma non tradotto. Che, dedicato a ben tre donne, confermava che il “filosofo, romanziere e polemista” Bruckner è contro il matrimonio non solo ma anche contro l’amore, recidivo. Contro ogni idea dell’amore - “All’amore una parola si addice, benché poco rispettabile: il mercato” (Bruckner è l’autore di “Luna di fiele”, che fu poi film di Polanski). Da moralista del Sei-Settecento, non ammodernato. Apparentemente con ottimi argomenti: si sposano in Europa oggi due terzi di quelli che si sposavano trent’anni fa, e la metà di quelli che si sposano divorzia. Questo però succede anche tra quelli che convivono e non si sposano. E tra quelli che fanno matrimoni combinati, nelle grandi comunità islamiche di Germania, Gran Bretagna e Francia. Che il problema non sia a monte, e a valle?
Siamo tutti americani, la felicità vogliamo dietro l’angolo, e l’angolo è l’ubiqua “crudeltà mentale”. Forse dovremo, come gli americani, ricomprare la moglie-marito ogni tre anni, come i mobili, uguali a prima. La felicità può creare molta infelicità. Ma se il mondo non morirà americano, è possibile, del matrimonio l’etica resta la fedeltà, l’immoralità è l’infedeltà. Che c’entra l’amore? Questo è solo l’argomento dei romanzi “francesi” o di costumi, già specializzati in adulteri e oggi in particolare negli adulteri di mariti con ragazze giovani. All’origine del matrimonio c’è la passione, ma la passione è per definizione incostante.
I sessantenni che si separano legalmente o divorziano ne sono la conferma statistica: è la fine dell’amore dell’amore, della coppia esclusiva, più spesso senza figli. Questi fallimenti sono ora il doppio rispetto a dieci anni fa, dice l’Istat, e nel 2009 hanno coinvolto tredicimila ultrasessantenni, ottomila uomini, cinquemila donne. Un divorziando su dieci ha quell’età. E il fenomeno non è solo italiano, anche Al Gore ha lasciato sua moglie, e la moglie di Schwarzenegger il marito: è la delusione dell’utopia più accattivante del Sessantotto, dell’amore per l’amore dei successivi anni Settanta.
Il polemista Bruckner ha naturalmente fiutato per tempo il fenomeno. Ma si potrebbe dire che ha perso l’occasione: lo tratta in riferimento alla tradizione, al vecchio matrimonio combinato o d’interessi. Tra l’altro, dice che il matrimonio d’amore ha portato “più” discordia all’interno della coppia rispetto al vecchio matrimonio, e come potrebbe? Finisce per questo per riproporre, seppure provocatoriamente come vuole questo genere di pubblicistica, il vecchio matrimonio delle intese familiari e patrimoniali. Ha tuttavia il merito di “porre il problema”.La coppia chiusa, anche riguardo ai figli, implica stress che possono essere insopportabili – così come non è la soluzione la coppia aperta, di chi pensa che si possa entrare e uscire in un rapporto familiare senza spese. Anche il tricamere sempre più piccolo, e il reddito costantemente incerto possono rendere intollerabile l’amore eterno, perché no? Ora, forse, se ne potrà parlare.
Uno che non ama l’amore in genere si tortura. Bruckner si vuole anche sociologo e maestro d’anime. E poi cos’è questa mania di fare libri, a un prezzo, di articoli di giornali? femminili.
Pascal Bruckner, Il matrimonio d’amore ha fallito?, Guanda, pp. 160 € 12

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