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venerdì 9 dicembre 2011

La questione meridionale nacque con l’unità

Fondamentale, e “più nuovo” (sempre vero), il saggio sulla laicità, che non c’entra col titolo ma prende la parte centrale della compilazione: “Non dalla sola Chiesa cattolica noi dobbiamo affermare l’indipendenza dell’insegnante nella scuola pubblica, ma da tutte le chiese e da tutti i partiti politici”. Il resto non si può sintetizzare, è una pedagogia da leggere – “La scuola pubblica deve educare gli alunni alla massima possibile indipendenza da ogni preconcetto”, e “La laicità della scuola è l’educazione critica dei suoi insegnanti”.
“La questione meridionale” è un atto d’accusa perfino violento all’unificazione dell’Italia e al Nord. Curioso che il “Corriere della sera”, araldo del neo nordismo, se ne fregi. Stampando in copertina una non significativa citazione: “Mentre in Europa tutto è mutato, nell’Italia meridionale tutto è rimasto sempre allo stesso punto; e attraverso a mille tempeste la classe feudale è riuscita a tenersi a galla”. Salvemini si fa sempre valere come un fustigatore del Sud, dei latifondisti assenteisti e i galantuomini malavitosi – è troppo efficace per lasciarlo al Sud? Ma “La questione meridionale”, il saggio del 1898 che apre questa raccolta, è un feroce atto d’accusa alla “creazione del Sud” stesso. A opera di uno Stato pusillanime e corrotto, di una borghesia settentrionale avida, di una borghesia meridionale inerte o collusa – e non è una novità di fine Ottocento: le stesse cose diceva Pasquale Villari, alla cui scuola Salvemini si era formato a Firenze, nelle “Lettere meridionali” del 1862, all’indomani dell’unificazione. Una lettura che sconcerta per la sua attualità.
Gaetano Salvemini, La sinistra e la questione meridionale, Corriere della sera, pp. 147, € 1,50

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