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martedì 25 settembre 2012

Ombre - 148

Carofiglio, che ha avuto tutto dalla vita senza spendersi molto, un editore, un partito, scuderie editoriali, premi, soldi, ne vuole altri da un critico che lo ha criticato. Si può pensare a un trucco pubblicitario, per aumentare le vendite e la fama. E invece no: Carofiglio è un giudice, e un giudice fa sempre causa, perché le vince.

Ha messo tutti nell’imbarazzo la Prima sezione penale della Corte d’Assise di Milano della dottoressa Malacarne, condannando Sallusti a 14 mesi di prigione ferma, senza attenuanti e senza condizionale. Con motivazioni anzi aggravanti. Con procedimento fulmineo. In spregio della sentenza del Tribunale. Per un corsivo di poche righe, che non diffama nessuno (la diffamazione è personale). Con una pena superiore a quella massima del codice, dodici mesi.
La giustizia politica fa boomerang – cioè ce ne accorgiamo?

Che fine hanno fatto le scommesse di Buffon e il fidanzato segreto di Rosi Mauro?
E la moglie di Grilli? Non dovevamo mandarli in prigione, tutti questi?

Gli stessi che buttavano le monetine a Craxi si sono divertiti coi soldi della regione Lazio, vestiti da porci. Non è una parabola, è un rapporto di causa-effetto: Mani Pulite ha aperto le cateratte della corruzione.

Quelli delle monetine erano, col plauso di Leoluca Orlando, grande accusatore del giudice Falcone, uomini, e donne, di Fini. Che oggi è il vestale della Repubblica. È la Repubblica dunque dei vestali. Alcuni con la maschera da porco. 

Dunque, Enrico Sassoon è a capo di un complotto demo-pluto-giudaico-americano per far vincere Beppe Grillo. Roba da non credere per chi conosce Enrico. Ma anche per chi non lo conosce: il complotto è il successo straordinario che il blog di Grillo ha avuto, azionato da un mago di cui Sassoon è (piccolo) socio. L’accusa però e partita da “Micromega” due anni fa, la coscienza della nazione, e ha attraversato due anni di Grande Informazione, tutta correttamente democratica. Non c’è più religione?

“Fondi pubblici per scopi privati, è la fine”: “Il Sole 24 Ore” schiera Paolo Cirino Pomicino domenica come fustigatore del malcostume. È la fine.

“Montezemolo e Marcegaglia piacciono a sinistra”, decide domenica Mannheimer. Magari è pure vero.

“Se non cambia la politica, la magistratura non potrà arrivare alla verità nelle aule giudiziarie”, afferma il giudice Ingroia alla festa di Di Pietro a Vasto. Sembra un nonsenso, e lo è. Ma perché la giustizia, per il giudice Ingroia, è politica.
Il giudice figura bene come Churchill in un fotomontaggio storico sul giornale online Rosebud:
Solo che il premier inglese era solito bere.

“Vale anche per Ingroia, ovviamente, il limite di non parlare dei propri processi. Ed è un limite che Ingroia ha sempre rispettato”, scrive il giudice Caselli al “Corriere della sera”. Come sarebbe a dire? I giudici vanno rispettati, ma Caselli dovrebbe anche leggere i giornali.

Il “Corriere della sera” apre la pagina della Consulta che accetta il ricorso di Napolitano contro la Procura di Palermo con una lettera-commento di Caselli in difesa dell’inchiesta in discussione. Tanto peggio tanto meglio? Togliatti non è morto.

Tutti raccolgono firme, contro Napolitano, contro le discariche, contro i termovalorizzatori, contro l’euro. False? Quando sono chiamati i firmatari non si presentano.
È la vecchia “mobilitazzione”: ora non costa nemmeno l’atto di presenza.

Stefano Rodotà dice ineluttabile su “Repubblica” il divieto francese di pubblicare le foto della principessa nuda. Anche il Garante della Privacy si è pronunciato in tale senso, aggiunge, su sollecitazione di Berlusconi, “che ottenne il divieto di diffondere le foto scattate con un teleobiettivo e che ritraevano persone che si trovavano nel parco di Villa Certosa”. Che divieto, se il fotografi ci ha fatto i miliardi, ai Caraibi, e tutta Italia si è divertita un’estate? Perché “Repubblica” è ipocrita? E Rodotà?

Il Consiglio regionale del Lazio si era dunque aumentato il fondo spese da uno a 14 milioni. Tutti insieme i partiti, pro quota. Senza che Giampaolino obiettasse. Mentre per Pignatone solo Batman è colpevole.

La Provincia di Roma ha acquistato, senza necessità, un palazzo di 270 milioni. Di che superare abbondantemente, di soli sfioramenti, tutte le fantasia di Batman & Co. Senza giustificativi. Ma Pignatone non indaga.

La cosa è denunciata ogni giorno dal “Messaggero” – il palazzo è stato comprato da un costruttore concorrente di quello del “Messaggero”. Pignatone non legge “Il Messaggero”? “Repubblica” e “Corriere della aera”, è vero, trascurano il fatto. Confinandolo nelle cronache romane, incidentalmente, cripticamente, e senza scandalo – centralismo democratico, riflesso condizionato?

Cinque insufficienze su undici alla Juventus in pagella su “Repubblica” per la partita col Chelsea a Londra. Che tutti hanno visto. Dell’inutilità del giornalismo?

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