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giovedì 10 gennaio 2013

Ombre - 161

Da Santoro meglio che da Vespa, Berlusconi figura disteso, e a suo modo convincente, su cifre, cose, fatti. Torna perfino ad avere una fisionomia. Effetto dei suoi interlocutori. Delle interlocutrici anche, tirate ai quattro pizzi, “moglie di”, “figlia di”. Con la domandina attaccata alle labbra. L’occhio sprezzante. Figuranti. Tra turbe, s’indovinano, di Grandi Firme schierate per il Grande Evento, supponenti.
Informazione? Teatro. Solo che lui è più “reale”: recita meglio, tiene la scena, buca lo schermo.

Da Santoro all’inizio Travaglio legge dieci minuti contro Berlusconi. Alla fine Berlusconi lo imita: legge una scheda contro Travaglio, quindici anni di condanne per diffamazione. In regola col genere, accusa senza faglie. Meno monotono anche dell’originale. Meno determinato, però: presto cambia ritmo, come a dire “abbiamo scherzato”, mentre il genere vuole convinzione e costanza. Gli ascolti rischiano e solo allora Santoro s’indigna - Berlusconi è già arrivato al 2012. 

Berlusconi legge da Santoro una lista di condanne inflitte in quindici anni a Travaglio per diffamazione. Santoro s’indigna quando Berlusconi è già arrivato al 2012.

Annamaria Cancellieri, il prefetto in pensione che divenne ministro dell’Interno dell’emergenza, non ascende in politica: “Sono moglie, madre e nonna felice e piena di cose da fare”, ha detto. Anche Confucio fu ministro di Polizia: sarà la carica che li rende umani?.

Milano trova l’unico giorno lavorativo nella lunga festività per infliggere a Berlusconi una multa di 36 milioni, l’anno, a vita. Sotto forma di alimenti alla moglie che l’ha ripudiato. Ma quanto deve mangiare questa moglie?
No, Milano voleva solo rovinare il Capodanno a Berlusconi. E al solito gli ha fatto un favore: la condanna è meglio delle anfetamine per la sua campagna elettorale?


Centomila euro al giorno di alimenti, Hollywood non è stata capace d’inventarseli. È un giudizio o una gaglioffata? Ma di giudici che non s’immaginano simpatiche.

Ci sono volute tre giudici insieme a Milano per decidere gli alimenti a Veronica. Una cifra spropositata, 200 milioni al giorno in lire. Berlusconi allora ha detto le tre “femministe comuniste”. Le tre giudici, il Tribunale di Milano e la Corte d’Appello della stessa Milano hanno risposto con sdegno a Berlusconi. E dunque le tre giudici cosa sono? Tarde goliarde?
Nella impassibilità di Milano.

La fiction di Bova può debuttare in tv con accuse urlate infamanti di un ex capitano dei CC, ora colonnello, alla Pubblica Accusa e al Tribunale che lo giudicano come mafioso di complemento. E far vedere un generale dei CC che sacrifica il colonnello per tenersi buoni i giudici. Senza reazione, non dei giudici né dei Carabinieri – nemmeno una perquisizione a Berlusconi (la serie va su Canale 5). Troppe code di paglia?

Raoul Bova può dire del cap. “Ultimo” che impersona in tv: “Un simbolo che non sono riusciti a infangare”. Loro, i giudici di Palermo. Può dirlo un attore, che deve stare attento a non indisporre il pubblico, nemmeno parzialmente, e non un militante. Perché è vero, per lui e per tutti?
Torna a maturare la frattura tra sbirri e giudici degli anni di piombo, i giudici che favorivano i terroristi – che poi si rivelò vera?

Marchionne è il miglior manager per il “Financial Times”. Mentre Mucchetti, il giornalista filo-Volkswagen, anti-Marchionne e anti-Fiat, va a fare la colonna portante del Pd alle elezioni. Sarà un’altra partita Germania-Italia?

“L’area del centro-sinistra è oggi quella a maggior tasso di democrazia reale”, scrive Mucchetti a de Bortoli, per spiegare che “il centralismo dell’antico Pci”, in virtù del quale lui è sicuro di essere eletto, “non caratterizza più da anni il regime interno del Pd”.
In effetti già Togliatti cominciava a essere stufo, della langue de bois.

Lidia Ravera dà dell’“ignorante” a Franca Rame sul “Fatto Quotidiano” (reiterandolo l’ingiuria sul  “Corriere della sera”) per difetto di antiberlusconismo. Ma Ravera sa leggere? Il giornale per cui scrive, perlomeno.
Però, questo Berlusconi, è proprio un diavolo.

L’idea di Vercesi, sul n. 51 di “Sette”, di adottare “Bella ciao” come inno nazionale, provoca numerose lettere di protesta, articolate. Significa che il “Corriere della sera”, dopo quasi mezzo secolo di dirigenza (ex) comunista, resta il giornale della borghesia. La persistenza è più forte dell’innovazione, nella lettura – o la lettura è un’abitudine.

Scende lo spread, esplode la disoccupazione. Titoli così, senza ironia. Con accanto la foto lusinghiera di Angela Merkel, la victrix.

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