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martedì 28 gennaio 2014

L’io impostore

Sulla fatica di “essere se stessi”: sicuri, responsabili, all’altezza della situazione, a proprio agio. Sulle tecniche anche, le strategie, i trucchi. Dell’individuo contemporaneo, solitario. Della morale nietzscheana: “Il frutto più maturo dell’albero è l’individuo sovrano, l’individuo che somiglia solo a se stesso”. E dunque “l’ impostore” è “l’uomo d’oggi, nella sua variante dinamica” – “è nel desiderio”, cioè, “ anche nell’angoscia”.
Ciò non esaurisce la contemporaneità. C’è sempre “il tipo del «formattato» dal posto che occupa… e non lascerà mai”. E “il tipo dell’individuo sano”, curioso, adattabile, aperto gioiosamente al cambiamento. E forse non sono la minoranza, sono ancora la maggioranza. Ma questi tipi non pongono problemi, l’altro sì, siamo noi.
Belinda Cannone, romanziera e filologa comparata, si compiace di moralités – ne ha altre sul bacio, il desiderio, la stupidità, la tela di Penelope. Da fiorettista incisiva dell’impensato, il più spesso, che è il nostro modo di essere. Sull’“impostura” svolge una riflessione molto seminale - ancorché non registrata nella scrittura: le pietre d’inciampo si ergono a ogni pagina. L’infanzia. La vergogna. L’eroismo. La sopravvivenza all’Olocausto. La “sinistra al potere”, sempre scontenta, voluttuosamente suicidaria. Per un quasi ossimoro, la sinistra rifiutando il potere, donde il senso costante di inadeguatezza, insofferenza. “Le imposture dell’amore”, naturalmente, che prendono la riflessione più lunga  – attraverso una perspicace rilettura dell’“Adolphe” di Constant (ma ci sarebbe di peggio: una situazione “incrociata”, in cui anche lei è un’altra Adolphe, soggetto e non più solo oggetto del gioco). E “tutti quelli per i quali essere amati è inconcepibile” – “molto più numerosi di quanto si creda”. Vittime presunte, dei genitori (“quanti sacrifici”), dell’infanzia (solitaria), della competitività.
Siamo tutti un po’ disadattati, senza saperlo. L’inquietudine ci perseguita, l’incertezza. Che l’autrice chiama impostura. Umorale e regolata (“parisiciliana”, scherza di sé), Belinda macina, briosa e acuta, punti di riferimento sorprendenti, sotto gli occhi di tutti. Film e narrazioni di successo: Kafka, naturalmente, “Rebecca”, “Il bell’Antonio”, “Il Conformista”, “Matrix”, “Zelig”,etc. Che sono gustose rivisitazioni per se stesse. A proposito di Kafka, “Nella colonia penale”: qual è la moralità, che ci fa capire (il racconto e il mondo)? Che l’impostura sta dalla parte del mondo, perché la legge cui il mondo è subordinato non ha altro senso che d’essere la legge e cioè una costrizione assoluta ma senza significato, senza fine e senza oggetto”.
Il problema può essere di identità: il poeta, il negro bianco, il conformista, la castellana, il nipote di Van Gogh… E di ruolo: di inadeguatezza, insoddisfazione, deragliamento (fissazione). Inoltre, l’ impostura può essere una necessità, seppure sbagliata e perfino criminale. Da “posto”, “postura”, l’impostura è il disagio indefinito che, nostro malgrado, ci assale anche in situazioni familiari. Il senso, indefinito, di essere fuori posto, fuori ruolo Nel posto sbagliato o la persona sbagliata. Girando sempre attorno, naturalmente, a sé stessi.
Si può esser bravi, perfino perfetti, e a disagio, incerti. O pessimi, e sentirsi a proprio agio – dichiarandosi, quasi, impostori. La scrittrice fa il caso non infrequente del buon manager (professionista, lavoratore, imprenditore) che si vuole poeta, incerto nella sua professione, nella quale eccelle, a suo agio nella poesia, mediocre: “Il sentimento d’impostura non ha niente da vedere col ruolo”, è “una rappresentazione che ci facciamo di noi stessi”.
Questo per la parte negativa. Ma l’impostura, potrebbe aver detto Kafka quando la scoprì suo malgrado (“Nella colonia penale”), domina il mondo. Successe alla borghesia sotto l’Ancien Régime, insinua Belinda,  che fece la rivoluzione per prenderne il posto: “Tra coloro che cambiano il mondo ci sono probabilmente numerosi impostori”. Ciò non vuol dire.
Belinda Cannone, Il sentimento d’impostura, Edizioni di Passaggio, pp. 160 € 12

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