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mercoledì 17 dicembre 2014

Secondi pensieri - 199

zeulig

Aristotele – Michel Serres, lui stesso “divenuto ora piuttosto aristotelico” (intervista con François L’Yonnet, in “Simone Weil”, Cahiers de l’Herne), dopo essere “stato a lungo, in ragione del mio interesse per le matematiche, pienamente platonico”, vi lega la filosofia tedesca: “Basta leggere i Tedeschi per rendersi conto che sono essi stessi aristotelici, per la buona e semplice ragione che non hanno avuto il nostro Illuminismo né la Rivoluzione, che ha soppresso da noi la tradizione aristotelica per non conservare che la tradizione platonica. La tradizione aristotelica era associata al medio Evo, alla scolastica, al cristianesimo… In certo modo, Heidegger è un po’ Aristotele. Un Aristotele tradotto in tedesco”.
Aristotele ancien régime? Platone rivoluzionario?

Ateismo – Simone Weil lo voleva “purificatore”: purifica il religioso di tutti i sedimenti estranei e contrari, idoli, o creazioni dell’immaginario, del bisogno, della fantasticheria.
 “Kant conduce alla grazia”, dice anche: la filosofia porta alla religione. E: “Tra due uomini che non hanno l’esperienza di Dio, quello che lo nega ne è forse il più prissimo”.

Freud - Il Dottore fu un caso freudiano, si sa. Marie Bonaparte, principessa di Grecia, lo riconosce: il freudismo è “determinazione assoluta”. Non per il paziente, l’insicurezza è cresciuta con Freud. È stato Nietzsche del resto, precursore della psicologia, a fare lo scavo: penetrare il piano delle cose per estrarne il segreto, il mistero, il rimosso, il non detto. Freud ha appreso da Nietzsche, forse in modo indiretto, tramite Schopenhauer, il precursore dei precursori.

Si può dire una vittima, adottato dalla disprezzata Dollaria, col corredo di finte divinità antiche, per riempire col sesso una cultura satanica del nulla.

Ripete la riproduzione delle vipere secondo Prudenzio. L’ovovivipara, quando si eccita, oscenamente provoca il maschio. Il maschio infoiato lancia baci, “eiaculando nel coito boccale il veleno della generazione”. La femmina allora, “nella violenza della voluttà”, gli stacca la testa, ingoiandone mentre muore “il seme infuso nella saliva”. Un seme che le costerà la vita: “Quando (gli spermatozoi) saranno adulti, e cominceranno, minuti corpuscoli, ad agitarsi nella loro tiepida caverna, a scuotere con le loro vibrazioni l’utero, e non essendoci sbocco per il parto il ventre della madre si strazia…”. I minirettili scivolano via da una madre che essi uccidono. “Non diverso”, conclude Prudenzio, “il parto della nostra mente”.

L’indicibile è una copula. Il sesso che diventa Sade, ripetitivo, compulsivo. Col senso di colpa che è la sbirro della fobia sessuale, o dell’uomo di merda. Da qui l’idea di sulfureo invece che di ridicolo: col cielo largo saremmo a sganasciarci. Il sesso è una brutta bestia – specie se non c’è. Ma se il mistero è il sesso, con i bambini che spiano e invidiano, già in embrione, la vita galante dei genitori, l’orizzonte è basso.

Il mistero dei sogni si ricostituisce con l’interpretazione, modificato forse nei segni ma intangibile. Freud voleva essere un mago – un sacerdote di Plutarco, la sua scienza è l’oniromanzia - e questo lo fa simpatico, rifare la Smorfia. Della principessa Bonaparte tradusse in vecchiaia in tedesco, mentre lasciava Vienna a Hitler, il libello su Topsy, che era il chow-chow della signora defunto. Anch’egli amava il leonino cagnetto cinese, che anima trepido il palmo d’una mano, ne ebbe almeno due, e alla Bonaparte ne magnificò “la simpatia aliena da ogni ambivalenza, il senso di una vita semplice esente dai conflitti difficilmente accettabili con la civiltà, la bellezza di un’esistenza compiuta in sé”. La misantropia c’è, aliena. E tuttavia la sua è passione e non scienza, per la foia che si esalta nella pratica dominante, il tennis: l’amore è una partita di tennis.

Col “panorama indiziario”, degli indizi che fanno prova, la scuola del sospetto si apre al pubblico, e il dottor Freud è leader della storia e la vera scienza. Che il mondo, il suo mondo, l’Occidente, vuole orizzontale, come aveva sentito dire a Parigi all’epoca bella di alcune belle dame, e pure di uomini, di corpi supini, oppure proni, chissà, bocconi, da stupratore alacre, seppure con la vaselina. Con la confidenza, la confessione. Non da confessore che paterno assolve, condanna, sbuffa, oppure rimprovera. Ma da signor dottore, in salotto, per uso di mondo e confidenza di amiche. La chiacchiera incontinente che non riduce ma nutre il narcisismo, a uso degli sfaticati e gli egoisti.

Non c’è latenza nelle campagne, non c’era quando c’erano le campagne, dove si dorme in una lettiera comune e si defeca collettivamente, né nel Terzo mondo: nudi nel bush in Africa, dove loa, juju e tabù variano a umore dei capetti, sono segni di autorità, e sono monetizzabili, o nelle case chicas, seconde e terze case, dei mostacchiuti mariti latini, dove si fabbricano figli devotamente senza preservativo, e neppure probabilmente nei formicai-fornicai asiatici. E va sparendo nello stesso piccolo orto della privacy: uno guarda i teen-ager e dove sono, si chiede, i complessi?
La civiltà dei consumi è una tremenda sfida all’industria della colpa. L’Edipo si legava, nel romanzo di famiglia, alle gonne dell’Ottocento, le gonne delle donne, multiple, e ai corsetti chiusi. Ora, col no bra e la minigonna, mostra la sua vera, superflua, natura.

Marx - I cattivi di Dostoevskij non sono “cattivi”. Il rischio è sempre quello, in questo e in ogni cosa, di finire grandi masturbatori, alla D.H.Lawrence, non altrettanto innocui. Marx, il Prometeo intellettuale, è finito moderno uomo di pensiero, specialmente orfano di Dio e quindi piegato sull’angoscia, che si rappresenta le proprie paure senza sfidarle e forse ne gode – è  uno che immagina di godere nella disperazione. Oppure è figlio d’una classe perdente, la borghesia, che non è più collettiva e produttiva, come lo era prima di sedersi in salotto, orgogliosa della libertà sociale, e non è tory come ambisce, non realizza l’ordine dello spirito e la bellezza, non può, non sa. E finisce per amare la sconfitta, compiacendosi del ruolo di Tiresia inetto, cioè della sua inutilità – il male non ha bisogno d’indovini.
Questo vale anche per i programmatori, il loro riformismo è sterile: le strade e i ponti nascono perché i lavoratori li fanno, quelli che sanno far-li, uno dopo l’altro, per una loro intima necessità, intima alla strada e al  ponte, senza chiedersi il piano generale dei ponti e la loro finalità ultima.


Simone Weil, che l’ha letto – il “Capitale già nell’adolescenza – fiduciosa, se ne allontana con tre  uppercut.
1934, “Riflessioni sulle cause della libertà e dell’oppressione sociale”: “Hegel credeva in uno spirito nascosto all’opera nell’universo, e che la storia del mondo è semplicemente la storia di questo spirito del mondo, il quale, come tutto ciò che è spirituale, tende indefinitamente alla perfezione”. Marx “ha sostituito la materia allo spirito…. Ma per un paradosso straordinario, ha concepito la storia, a partire da questa rettifica, come se attribuisse alla materia ciò che è l’essenza stessa dello spirito, una perpetua aspirazione al meglio”.
1937, “Sulle contraddizioni del marxismo”: “Non sono gli avvenimenti che impongono una revisione del marxismo, è la dottrina di Marx che, a causa delle lacune e delle incoerenze che racchiude, è ed è sempre stata molto al di sotto del ruolo che si è voluto farle recitare”.

1943, “C’è una dottrina marxista?”: della filosofia del lavoro, “forse più particolarmente un bisogno della nostra epoca”, il “giovane Marx non ha neppure avviato l’abbozzo di un abbozzo… Una filosofia del lavoro non è materialista. Essa dispone tutti i problemi relativi all’uomo attorno a un atto che, costituendo una presa diretta e reale sulla materia, racchiude la relazione dell’uomo col termine antagonista. Il termine antagonista è la materia. L’uomo non vi è ricondotto, vi è opposto”.. 

Sospetto – Il numero tredici è la forma logica del sospetto secondo Lacan.

“Non si parla senza tacere” è un’agudeza, ma l’ha detta Nietzsche e ci fondiamo il profondo –

La “trimurti del sospetto” Massimo Scaligero riconduceva all’odio di sé ebraico. Così argomentando: Nietzsche l’avrebbe mediato da Rée, Freud da sé e Nietzsche, Marx da sé.
Ma è vero che Freud giovane s’indentificava con Cipiòn, uno dei cani di Cervantes, che nel Coloquio de los perros richiama l’altro cane sapiente sempre all’ordine. Adulto, avrebbe fatto rivivere le streghe nelle isteriche. Rispolverando il metodo degli inquisitori: confessate, cioè ditevi colpevoli, distruggetevi.

Deve andare contro “ciò che ogni periodo dice di sé e immagina di essere”, partendo da Hegel e Descartes: “De omnibus dubitandum est”. Tutte persone che non dubitano: Descartes, Hegel e lo stesso Marx, mentre, spiega Kierkegaard, il dubbio stesso è soggetto a dubbio. Per la verità delle cose invece che per la verità del discorso, che è sempre zoppa. La verità del discorso darà più piacere – le zoppe provano e danno più piacere, secondo Montaigne – ma è inutile: non c’è dubbio che “la violenza è la levatrice di ogni vecchia società”, e la violenza in effetti non è ideologica, è di tutte le ideologie.

zeulig@antiit.eu 

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