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domenica 22 febbraio 2015

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (236)

Giuseppe Leuzzi

Aspra rampogna del “Corriere della sera”, col solito Gian Antonio Stella, contro il sindaco di Cosenza, Occhiuto. La colpa del sindaco, che è di destra ma è architetto apprezzato, anche in Europa, e a Pechino e Shangai, è di aver fatto citare Alarico in un dépliant turistico. E con Alarico Himmler, che nel 1937 volle una campagna di scavi nel Busento per trovarne le ossa. Il dépliant è stato scritto  “senza un accenno alle ragioni dell’interesse di Himmler per Alarico”, conclude inarcando il pancino l’articolista: “La costruzione attraverso la devozione alla teoria della preistoria come materia di interesse nazionale di Gustav Kossinna, il culto di Enrico I l’Uccellatore o il recupero del paganesimo, di una «storia su misura» dell’ideologia nazista”.
Capito?
E tutto questo, Uccellatore, Kossinna, paganesimo, nazismo, a Cosenza?

La Corte di Cassazione, a sezioni riunite, ha precisato una dozzina d’anni fa quattro requisiti all’attendibilità di un collaboratore di giustizia: la precisione, la coerenza, la costanza, la spontaneità. Nessuno di questi requisiti c’è nei pentiti dello Stato-mafia. Anzi, non ci sono propriamente neppre collaboratori di giustizia in questo processo, solo voci. Ma il processo si fa, da anni, con decine di migliaia di carte. È l’unico processo per mafia che si fa a Palermo.

L’europeismo nordista
Non c’è hooliganism in Olanda, teppismo organizzato. I tifosi del Feijenoord, della civilissima città di Rotterdam, anche quelli fascisti, non ci pensano di scatenarsi a Amsterdam, magari contro l’odiato Ajax del “pilastro ebraico” (l’Olanda si tollera organizzandosi su quattro “pilastri” separati, cattolico, luterano, liberale, socialista, più uno, non detto, ebraico), lanciando bottiglie e pedate contro il faunetto dello Spui, simbolo della città. Lo fanno all’estero, se giocano nel Mediterraneo.
Lo fecero a Lisbona, contro il Benfica, nella loro prima Coppa Europa, ora Champions League, che li eliminò per 3-1. Sono diventati celebri un paio d’anni dopo, nei preliminari della stessa Coppa, a Madrid. Vincevano col Real Madrid, che poi vincerà la coppa, per 2-1 a pochi minuti dalla fine, quando il loro beniamino Moulijn subì un fallo: Moulijn si avventò contro l’autore del fallo, inseguendolo per il campo, altri compagni lo seguirono – in una caccia alla Ridolini che è la scena più spassosa di tutta la storia del calcio ma è virtuosamente scomparsa da youtube – spalleggiati dai tifosi che riuscirono a entrare in campo, la partita fu sospesa, e due settimane dopo, quando fu rigiocata, il Real vinse 5-0.
Si sono scatenati a Roma perché la birra costa la metà che nella loro città, e perché hanno evidentemente dentro una violenza repressa - non tutti gli ubriachi si accaniscono contro la Barcaccia del Bernini, e gli altri monumenti che incontrano sulla strada. Succede negli Stati bene ordinati, di accumulare cariche di violenza. Ma, di nuovo, non lo farebbero a Berlino, o a Londra.  Gli è capitato di giocarvi, ma non lo hanno fatto. Lo fanno a Roma perché lo ritengono un loro diritto, come il feudatario che poteva pisciare ovunque.

C’è molto di non detto in questo europeismo-nordismo. Che forse non è razzismo, parola proibita, ma sicuramente è prepotenza. Il governo olandese si è detto dispiaciuto per la Barcaccia, ma  tratterà i romanisti nella partita di ritorno con durezza. L’Italia deve sopportare la violenza urbana, e l’oltraggio ai monumenti, c’è solo mancato che ci facessero la pipì, e in più il pugno duro contro gli italiani – a scopo preventivo, certo. L’Europa è questa.  

Aspromonte
Il viaggio nelle acque è la prima tappa del’“Itinerario italiano” di Alvaro, lo scrittore dell’Aspromonte. La Montagna vede popolata da gente che va in cerca delle sorgenti. D’inverno e d’estate, perché “i luoghi della sorgenti cambiano di anno in anno”. Il padre proprio vede, pensionato giovane, occuparsi a cercare l’acqua: “Mio padre si disfece della vigna e dell’orto che ancora lo tenevano legato alla terra, e così non aveva più niente a cui pensare, perché anche avevamo trovato mondo. Allora si mise a esplorare con diligenza la terra intorno, pensando sempre all’acqua, la più buona, la più fresca, la più pura”.
“La religione dell’acqua”, la chiama Alvaro. È la elegge a connotazione  del popolo della Montagna. Anzi dei calabresi in genere, è il loro segno distintivo: “Noi siamo di quel popolo che in guerra chiamava “Acqua Acqua”, e questo grido di certe notti se lo ricordano ancora quelli che ci stavano di fronte. Chi ci vuole riconoscere, ci guardi in viaggio se ci affacciamo al finestrino per osservare un getto d’acqua, un torrente, un rivo, L’acqua corre, l’acqua è la vita”. Gli manca “l’acqua è materna” – altro suo grande tema, peraltro, la maternità (dapprima declinato al maschile, la paternità, ma sempre nell’alveo familiare).

Come “l’aria dell’Engadina” in Montale – ora in “Ventidue prose elvetiche, p. 74: l’aria è “secca, elettrica, eccitante, sottile, che favorisce la pazzia”.

Campi di lavanda, di erica, timo, genziana, appena su per Grasse e Vence. I due Aspromonti si somigliano per i colori, e per il mare sempre alle spalle, si sente dall’aria, dalla luce. Anche nell’abbandono. Facce scure, d’oltre Mediterraneo, sudano e forse non apprezzano. Ma la Provenza è integra e non irritabile. Non ha la mafia.

Se la luna ha l’alone è tempo di scirocco, e il Montalto vede nitidi i mari che circondano la penisola. Sulla cresta del monte il sole appare all’improvviso - sfidando il rimboschimento della Forestale che vorrebbe occultarlo. Noi lo vediamo riflesso a Occidente. Si srotola da un rosa violato all’argento, man mano che sale sull’orizzonte, passando verso i colori più freddi, arancio, giallo, verdino, celeste in un silenzio da sogno. Si fermano anche le fronde, assorti i tre mari. Il Tirreno è blu, lo Jonio siciliano è grigio, schiumoso lo Jonio greco. È questo il “mare colore del vino” di Omero. Visto dall’alto all’alba, dal nostro versante, tirrenico, e immagino al tramonto da quello greco, nei giorni lunghi dell’estate, prende un colore rossastro, omogeneo fino alla linea dell’orizzonte. Una robusta colazione, con cibi forti e vino, dopodiché si può scendere a rotta di collo – ora anche in suv – nell’orrido che porta al santuario di Polsi e verso San Luca e lo Jonio, oppure ritornare ai nostri piani, Cannavi, Carmelia.

Se la luna ha l’alone ci lega alla Grecia anche nella natura. Lo stesso secolo vedeva Arato nel III secolo nei “Fenomeni”: “Se l’alone è uno solo, pronostica vento e tempo buono”, cioè trasparente.

È il “Luogo dell’Inaccessibile”, l’“ultimo, romantico baluardo dell’ignoto”. Ma “quanto sarà grande questo terribile Aspromonte? Mah, più o meno come le Langhe, come la Brianza, come il Friuli, ci risponde chi lo conosce, giusto per darci un’idea. A sorvolarlo in elicottero ci si mette meno che a attraversare Milano o Roma in automobile. Beh, ma allora?” La risposta è che è pieno di forre, canaloni, fittissime boscaglie e occulte grotte. “L’inesperto tace, pensando però in cuor suo che l’Aspromonte , con tutto il rispetto, non può essere più ostico delle sierre americane, delle giungke asiatiche, delle highlands scozzesi, delle Cévennes francesi, territori anch’essi, ai tempi loro, pieni di fore, canaloni e fuorilegge, e che nondimeno un adeguato John Wayne, alla testa di un adeguato 7° Cavalleggeri…” È “Il ritorno del cretino”, di Carlo Fruttero e Franco Lucentini.

leuzzi@antiit.eu

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