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mercoledì 22 giugno 2016

L’assalto a Roma

Non c’è dubbio, vivendo tra Milano e Roma, che Roma non è amministrata bene, ma è meglio amministrata di Milano. Pur essendo una città tropo complessa rispetto a Milano, anzi di complessità unica al mondo: religiosa e politica, amministrativa, industriale, d’arte, turistica. È più pulita, più decorosa, ha un buon sistema scolastico, ottimo per le materne, una buona sanità, e ha parcheggi, se non un trasporto pubblico adeguato.
Non c’è però dubbio che ha fama di volgarità. Di corruzione. Che è diffusa, ed è anche  tradizionale. Fino a non molti anni fa si pagava una mancia pure per avere l’allacciamento della luce o del telefono, all’uomo della Stet, dell’Acea o della Romana Gas. Ma non c’è corruttela. E anzi c’è abbastanza sdegno per portare a galla le situazioni di degrado morale. Nulla al confronto, facendo le somme, con la grande corruzione di altre città, Milano soprattutto, Venezia, Torino, Genova, sugli appalti pubblici. È una corruzione focalizzata sul cosiddetto terzo settore, o del “volontariato”, cioè sull’appalto privato dei servizi pubblici. Che riguarda Roma come tutta Italia: il terzo settore va rigovernato, non da ora, da quando si è messo a crescere gigante, nato una ventina d’anni fa.
Da che deriva la pessima fama di Roma? Dal suo giornalismo. Effettivamente corrotto – di un interesse contro l’altro. Oppure no, solo scadente: sa solo fare la predica - se non denuncia qualcuno, sia pure un sacrestano che ruba le elemosine, o un ambulante senza licenza, non sa fare altro. Si vedano al confronto le cronache degli stessi giornali di Palermo, per esempio, rispetto a quelle romane, o di Firenze. Una stampa scandalistica, che altrove è separata da quella d’informazione e in Italia invece la domina.

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