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lunedì 12 settembre 2016

Il genio di Tina che la politica spense

Ribelle, ma non del tutto. Irretita nella nota scandalosa solitudine della passione politica divorante. “Il mio stato mentale”, scrive nell’ultima lettera, nel 1930, “ non è molto piacevole. Se solo avessi qualcuno con cui parlare di tutti i miei guai, voglio dire qualcuno che mi comprendesse, come te, Edward” – Edward Weston. Conscia probabilmente dell’impasse in cui s’era imbucata come attivista del Pcus, il partito Comunista sovietico, anche se non tenterà di uscirne, malgrado le tante morti e i tradimenti, fino alla sua proprio morte nel 1942, a Città del Messico, sola. “Mi viene spesso in mente la bellissima frase di Nietzsche che mi hai citato”, così chiude l’ultima lettera a Weston: “Quel che non mi uccide mi rende più forte. Ma ti assicuro che il periodo che sto vivendo mi sta quasi uccidendo”. Peccato, come nota Cappellini: “La fotografia autentica possiede semrpe qualcosa di sovversivo e rivoltoso”.
La plaquette è una scelta delle lettere di Tina Modotti a Edward Weston, curata da Francesco Cappellini, con una presentazione e una nota biografica. Un ritratto a tutto tondo del personaggio, e della sua speciale arte di fotografare, in poche pagine illuminanti, anche per la scelta delle foto, una trentina.  
Weston fu compagno di Tina e suo maestro di fotografia a Hollywood. Dove Assunta Adelaide Luigia Modotti, ragazza fatale, era protagonista nel 1920, a ventiquattro anni, di film dimenticati. Dopo una prima esperienza americana a San Francisco, dove nel 1913 aveva raggiunto diciassettenne il pade inquieto migrante, dal nativo Friuli. I due viaggeranno a lungo anche im Messico, tra le rivoluzioni. Fino a che Weston se ne ritornò negli Stati Uniti da solo, non condividendo l’impegno “organico” della compagna nella politica, e la coppia si romperà a fine 1926.
In Messico Tina approfondì l’arte delle sue “nature morte”, fotografie semplici di complessità. A Berlino, nel 1928, proverà anche a farsi fotografa di strada. Ma la politica la divora, e l’anno dopo abbandonerà la fotografia – che quindi ha esercitato per un quinquennio, peraltro poco applicata, lasciando in tutto un paio di centinaia di cliché. Finirà amante di Vittorio Vidali, uno che ne aveva molte, “compagno di vita ma soprattutto di missioni più o meno segrete”. Per lo più non onorevoli, benché per conto del Partito: dalla mattanza degli anarchici in Spagna all’assassinio di Trockij. Sempre, come dice Cappellini, “fiduciosa nell’onestà del suo lavoro”. Che però non è più la fotografia ma la propaganda del Komintern, l’organizzazione di Stalin.
Tina Modotti, Irrecuperabile ribelle, Via del Vento, pp. 42 € 4

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