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giovedì 29 settembre 2016

Iperselfie, il regno della masturbazione

“Malgrado tentativi ripetuti, non sono mai arrivato alla fine delle «Memorie di Adriano»”. Tutte finezze così, per 600 pagine – 400 nella traduzione lodevolmente compressa di Francesco Bergamasco, ma ugualmente dense.
Un polpettone, scollato, indigesto. Carrère rifila al lettore i suoi vecchi progetti, dice, su san Paolo, duecento pagine, san Luca, altre duecento, come fossero la preistoria delle sue biopsie di successo,  Limonov, Phlip K. Dick. Più altre duecento di se stesso: la sua attività, e inattività, le sue famiglie, la madre, l’eccezionale madrina Jacqueline, l’amico costante Hervé, la “visione” del Cristo, che ha colpito anche lui. Omaggio indiretto alla filosofia di Ernst Bloch: “Solo un ateo può essere buon cristiano, solo un cristiano può essere ateo”, il paradosso di “Ateismo nel cristianesimo. Per una religione dell’Esodo e del Regno”, 1968, ed è tutto dire, il lettore dovrebbe - avrebbe dovuto - essere avvisato. 
La cosa migliore è il porno serale su internet, nel rifugio alpestre dove gni anno Carrère si purifica con l’Hervé buddista. Ma sono solo quattro pagine. Anche il “grande Roustang”, decano emerito della psicoanalisi, il santone che salva Carrère, che scopriremo essere un gesuita spretato, autre a suo tempo di una lacrimosa “iniziazione alla vita spirituale”. Ma questo è proprio poche righe, la masturbazione gli viene meglio.
Volendolo prendere sul serio, è una riedizione di Renan nell’età dell’Acquario. Di uno scetticismo così, per dire: un po’ di yoga, un po’ di psicoanalisi, la scoperta che il sesso può piacere, e naturalmente molta “visibilità”: social, giornali, tv, conferenze, festival. Contro la religione. Cioè no, contro il cristianesimo, come vuole l’Europa al declino: contro il proprio brodo di cultura. “Il «Credo» in ogni sua frase è un insulto al buon senso”, e cose del genere.
La fede, che propone come tema del malloppo, Carrère ha vissuto come un’infatuazione, in parallelo con la psicoanalisi. Un’esperienza che ha confinato - freudianamente? – tra le carte del processo Romand nel 1993 a cui si è appassionato e di cui ha scritto, uno che aveva ucciso moglie, figli e genitori dopo che per quindici anni aveva fatto credere di essere medico. Che ci azzecca? Niente – tre anni di crisi mistica invece dei quindici di bugie di Romande hanno risparmiato le mogli e i figli di Carrère, e Hélène Carrère d’Encausse?
Sgangherato, fin dall’inizio. Dove sovrappone il serial “Revenants”, a cui collabora, alla religione.  E sembra pure divertirsi.
Una ricetta anche: un po’ di “Revenants”, un po’ di Philip K. Dick, “il Dostoevskij del nostro tempo”, una lettura sparsa di Nietzsche, e la cosa è fatta. Il cristianesimo? Invenzione del bizzarro tessitore di Corinto, l’ebreo grecizzato Paolo di Tarso.
Niente ha più successo del successo, è proprio vero – i campioni ti possono rifilare qualsiasi cosa, ogni appunto sperso.
Emmanuel Carrère, Il Regno, Adelphi, pp. 428 € 14

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