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giovedì 10 maggio 2018

Dc e Pci sperduti nel bush

Non è dell’Italia che si parla, ma della Dc e del Pci. Anzi nemmeno: è di Togliatti e De Gasperi che si parla, per metà libro, per l’altra metà di Moro e Berlinguer. Come nel vuoto pneumatico. E nemmeno tanto differenti tra di loro, pensare, tra le due coppie e all’interno della coppia.
“La complementarietà storica tra Dc e Pci” è al centro della trattazione. La Dc era il Pci, e viceversa, solo che una era di qua l’altro di là, a destra o a sinistra non si capisce. Sempre nel vuoto. C’è la Nato e c’è l’Europa, ma come sfondo di uno sfondo. Come se il Pci non le avesse osteggiate entrambe, e con che durezza e continuità. Anzi peggio: come se la Dc le avesse sostenute ma controvoglia, il suo cuore battendo all’unisono col partito Comunista.
A trent’anni dalla fine del Pci l’ennesima celebrazione di un partito e di una politica che ha prodotto solo macerie. Del Pci unitamente alla Dc, alla parte non migliore della Dc di Moro, lassista, temporeggiatrice, sleale. “Comunisti e democristiani nel lungo dopoguerra( 1943-1978)” è il sottotitolo e la traccia del libro. Altra politica non c’è, altri indirizzi e altri partiti. Anche se sono stati quelli che hanno indirizzato la Dc e consentito alla repubblica malgrado tutto di prosperare. Da La Malfa e la liberalizzazione dei cambi nel 1948, alla fondazione del Mec col liberale De Martino, al nuovo diritto di famiglia, paesaggistico, del lavoro (lo Statuto dei lavoratori) e della sanità pubblica (il Sistema sanitario nazionale), che il Psi impose, all’Italia quinta o quarta Potenza industriale negli anni di Craxi. Eccetto che per la parte della melassa democristiana, specie nel quindicennio di Moro. A opera di uno studioso di Gramsci, pensare, nonché a lungo presidente benemerito della fondazione e della biblioteca Gramsci. La fine del Pci – e della Dc – col compromesso storico non è stato evidentemente un errore politico, dev’essere scritto nei cieli, delle illusioni – uno studioso non può essere in malafede. 
I partiti, questi due partiti, non facevano propaganda. Non avevano (grossi) sussidi dall’estero. Non si facevano la guerra sporca. Alla fine della trattazione si avviano al fallimento perché non capiscono che il mondo del dopoguerra sta per cambiare, è già cambiato. E come avrebbero potuto? Non pensavano insieme, erano estremamente concorrenziali.
Un saggio di scienza politica dei tempi del partito unico. Di quello corre la nostalgia, non del comunismo - i compagni del Pci ora votano 5 Stelle, a Roma e non solo. Se non in aedi un po’ sperduti nel bush. Che sarebbe la savana, ma in Africa, in Italia significa i media: i giornali, l’editoria, che cantano sempre lo stesso inno, come agli altoparlanti all’incrocio, non si sono accorti che la guerra è da mo’ che è finita, perduta.Specie dai giornali, dall’editoria, poiché nessuno legge più. Vittime del populismo che berlinguerianamente hanno acceso e alimentato, con la “questione morale” dei corrotti, e la politica ridotta a “casta”
Giuseppe Vacca, L’Italia contesa, Marsilio, pp. 346 € 19

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