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mercoledì 10 aprile 2019

Gli affari del signor Giuseppe Piero Grillo

Grillo conclude il suo progetto per Roma Capitale chiudendo il centro storico. Per cacciare gli ultimi artigiani e il commercio tradizionale, di offerta qualificata. Per farne un gigantesco centro inerte alla Copenhagen, alla Stoccarda, per farci passeggiare le folle dei selfie e degli stracci. 
La Roma delle meraviglie Grillo riduce a un gigantesco suk, una mangiatoia alla Firenze, di pizze al taglio e bancarelle, una noiosissima e deprimente Porta Portese. A favore dei lupi della finanza – la sola voce che sente il comico – che cinquant’anni fa investirono nei bassi e i garage. Per affitti da sei milioni, al mese. E i fallimenti a catena per non pagare le tasse.
Cinquant’anni Roma, che aveva inventato le geniali isole pedonali, ha resistito alla carica di questi piccoli-grandi speculatori, alla cacciata di ogni ancoraggio antico, o tradizionale, o attivo, produttivo. Doveva arrivare il furbo nuovo del comico per spazzare via ogni identità. Dopo gli affari dei fratelli Marra, del superconsulente Lanzalone, del presidente De Vito, all’ombra di Raggi pulzella. 
E lo stadio dell’As Roma naturalmente, monumento imperituro al Comico del Nuovo – all’ombra dello studio Tonucci? Lodio di questuomo contro Roma è incomprensibile, se non per il fatturato.

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