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mercoledì 8 gennaio 2020

L’Italia del presepe, impossibile

Un film comico e didascalico. Rai 1 recupera negli interstizi della programmazione un film che ha prodotto quattro anni fa e ha poi dimenticato di promuovere – perché politicamente scorretto? Specialmente in palla visto retrospettivamente. Miniero e Petraglia (cosceneggiatore) mettono in scena l’Italia dei media – quella di cui si parla -  che è probabilmente l’Italia vera. Di paesi moribondi, dopo storie millenarie, senza scuola, medico, strade. A corto di nascite. In paese l’ultimo nato “ha fatto lo sviluppo”, obeso, e quindi non si può fare il presepe vivente, manca il bambinello. Il vescovo non può nulla (un Herlitzka impareggiabile), viene giusto a “lavare i piedi” a qualcuno. 
E perché poi il presepe, che si fa indifferentemente a Pasqua come a Natale? Ma per incoraggiare i turisti - che non verranno (e questo è il Sud, che sempre aspetta “i turisti”). Il macellaio, o droghiere, del paese, che ha la voce tonante, contro i kebabbari, o africani o negri che si voglia. Il prete pure, ma anche a favore. I “marocchini” dell’altra metà dell’isola litigiosi, tra di loro e con tutti, cristiani e mussulmani. La figlia del sindaco, ora buddista, fa un figlio col giovane marocchino indeciso a tutto, e il bimbo apparirà asiatico, col ciuffetto in testa. Una serie di gag che lasciano il segno.
Il tutto filtrato da due amici di un’altra generazione, Bisio e Gassman, che si sono divisi trent’anni i fa, e ancora ne discutono, su chi ha rubato la ragazza all’altro. Una ragazza (Finocchiaro), che si è fatta suora ma gestisce la pizzeria di famiglia in attesa dei turisti – senza contratti: Iciap, Irap, Inps, tfr, tredicesima, vacanze. In uno scenario da favola – le isole Tremiti.
Luca Miniero, Non c’è più religione

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