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domenica 5 gennaio 2020

Europa smarrita, nel Medio Oriente dopo gli Usa

Il caso Suleimani - l’assedio all’ambasciata Usa e l’attacco col drone al generale - congelerà per qualche tempo il ritiro americano dal Medio Oriente, in programma nei piani strategici, militari e diplomatici, già da una decina d’ann, dalla prima presidenza Obama. Da quando cioè gli Stati Uniti  sono diventati di nuovo autonomi nelle fonti di energia, e anzi esportatori netti. Trump, che in iù occasioni questo ritiro ha reso pubblico, si è già trovato costretto a rinforzare, al contrario, la presenza Usa, e a elevarne armamento, preparazione e regole d’ingaggio: non più forze di polizia ma di guerra.
Per l’Europa, che pure protesta, o finge di protestare, per la risposta americana all’Iran, è una boccata d’ossigeno. Nessuna strategia europea per il Medio Oriente è stata infatti elaborata nel passato decennio in previsione del ritiro americano – se si esclude un assurdo “volemose bene”, che in Nord Africa e Medio Oriente è preso per stupidità o incapacità. La prima reazione agli eventi in Iraq mostra però che l’Europa continua a non valutare gli assetti strategici in evoluzione. Niente si programma o si progetta - solo la vecchia puzza al naso nei riguardi dell’America (di Trump, poi), con l’albagia di chi si ritiene più furbo degli ayatollah.

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