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venerdì 1 maggio 2020

Ospitale solitudine

Un omaggio all’isola che lo ha ospitato per molte estati. Ma non un qualsiasi posto di mare. Né un’isola come le tante – attorno alle quali c’è anche una specie di genere letterario. Oppure no: “Sono pochi i posti nel nostro continente che danno una sensazione di solitudine pari a quella che si gode qui”. Che oggi sembra impossibile, Carloforte e San Pietro sono big business turistico.
L’isola è peraltro dotata di molta storia. Recente – era disabitata fno a metà Settecento - ma curiosa. È abitata infatti da “tabarkini”, famiglie genovesi di ritorno a metà Settecento da Tabarca, l’isoletta sopra Tunisi che erano andati a colonizzare due secoli prima.
Qui siamo negli anni 1950, e Jünger può ancora godere della “potenza prodigiosa” delle cose. Esperienze di cui ha lasciato traccia anche nei “Diari”e in “Cacce sottili”. Qui è commosso. Dalle persone. Dal geranio che fiorisce su un muro a secco. Dai terrazzamenti. Dalla ritualità – i funerali nel “sole accecante”. Dall’ospitalità, che va con la semplicità. Anche nella mattanza, “la carneficina” – l’isola era una tonnara: “il risvolto mortale” di ogni bellezza.    
Ernst Jünger, San Pietro, Fausto Lupetti, pp. 67 € 15

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