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sabato 18 settembre 2021

Contagio a Vigata

C’è un’epidemia in paese. Anzi al circolo – ex dei nobili, ora dei (pochi) professionisti. Una “epidemia da duello”: a un certo punto tutti vogliono battersi in duello con tutti, “il duello era forse contagioso?”.
Un’epidemia per una causa, come sempre, remota. Il barone Paternò avendo pugnalato a morte in un albergo malfamato al Pantheon di Roma la sua amante donna Giulia Trigona di Sant’Elia, grande aristocrazia, nata Mastrogiovanni Tasca di Cutò, maritata Trigona dei principi di Sant’Elia, perla del salotto Florio a Palermo, dama di compagnia della regina Elena a Roma, trascurata dal marito per un’attricetta della compagnia Scarpetta, quella del film di Martone a Venezia, incapricciata del più giovane aitante barone Paternò di Cugno, tenente di cavalleria, che l’Enciclopedia delle donne e Tomasi di Lampedusa onorano.
Una presa in giro, arguta, del codice Gelli, il manuale dei duelli, ora ignoto a tutti ma di cui si faceva gran parlare ancora nel dopoguerra, prima del Grande Rinnovamento del Sessantotto – la stupidità è lenta. Camilleri è grande narratore, in qualsiasi pozzo o ritaglio si cimenti, anche il codice Gelli. Questo racconto gira per di più, a parte il ridicolo dei duelli che da uno arrivano a sette, sulle “palle”. Di pistola naturalmente, di quelle ad avancarica, non potendosi fare il duello con l’automatica: ci sono “poche palle”, malgrado l’animosità – la questione sarà risolta dalle mogli. Niente, insomma. Ma funziona.
Andrea Camilleri, Il duello è contagioso,  “la Repubblica”, pp. 44 gratuito col quotidiano

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