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venerdì 7 gennaio 2022

Letture - 477

letterautore

Colonna sonora - Viene per ultima nei titoli di coda dei film, dopo chiunque in qualche modo abbia ricevuto una paga, gli autisti, i trasportatori, i fornitori di ogni genere. E distrattamente. La colonna sonora di Einaudi per “The Father. Niente è come prima”, per esempio, che pure è parte rilevante della narrazione. O la romanza celebre “Je crois entendre encore” di Bizet, dei “Pescatori di perle”, che nel film torna almeno tre volte, cantata da una voce tenorile purissima, di cui non si fa neanche il nome (è Cyrille Dubois), gusto il titolo, nemmeno della romanza, solo dell’opera.
 
Controinformazione
– Era di sinistra, estrema, ora è di destra. E più radicale, pretendendosi controcultura. Nacque nel Sessantotto, a opera dei gruppi extraparlamentari di sinistra, con le testate “Lotta Continua”, “Metropolis”, lo stesso “Manifesto”, con fogli ciclostilati, con libri come “Strage di Stato”, 1974 (repertoriata da Pio Baldelli in “Informazione e controinformazione” già nel 1972, dalla rivista “Tempi moderni”, curata da Giovanni Bechelloni, e da molta sociologia sparsa della comunicazione.
Era nata in America, nei tardi anni 1960. In fogli ciclostilati, anarchici, situazionisti, eccetera, sul tipo dei samizdat, i fogli sparsi della controinformazione politica in Europa orientale, contro i regimi comunisti filo-sovietici. Era l’informazione libera, cioè fuori dai condizionamenti economici, editoriali o politici – fuori dal coro, o dal “potere”. L’espressione forse più influente di quello che sarà il Sessantotto: la possibilità e la capacità di criticare. Con propri mezzi, benché limitati, e presto con le radio libere, come antidoto a quello che allora si denunciava come comunicazione di massa, via radio e tv, e oggi si dice strapotere dei media, dei social.
Nel 1969-1970 coagulò attorno al “New York Times” e alla “Washington Post”, parte dichiarata delle lotte di potere contro la presidenza Nixon, con i “Pentagon Papers” e con lo scandalo Watergate.
Riemerge ora in America come “controcultura”, di destra radicale - “The Daily Wire”, “Daily Beast”, la piattaforma Gettr. Contro “lo strapotere dei social media”, che vengono ascritti all’establishment di sinistra. Impegnati su una serie di temi vasta, anche di sinistra: cambiamento climatico, sindacato, minimo salariale, per la libertà di parola, oltre che contro l’aborto illimitato, le donne transgender nello sport, e la cancel culture.    
 
Neutro – Si potrebbe resuscitarlo, anche all’anagrafe, per le persone, per evitare di doverle dire maschio o femmina, nell’umanità che si vuole asessuata. Sull’esempio del tedesco das Mädchen,  che significa “la ragazza”. Bisogna certo restaurare il neutro nelle lingue neolatine. Per l’inglese non sarebbe difficile: basta sostituire “ragazzo”, “ragazza”, “donna”, “uomo”, “maschio” e “femmina” come sostantivi, con “persona”, p.es., come è già l’uso nell’America up-to-date.
 
Refusi – Sono gli errori di stampa, quando la stampa si faceva per fusione dei caratteri di piombo, che infiorettano giornali e libri. Gli errori al suo tempo dei copisti, poi dei proti, i capi tipografi che controllavano le bozze. Ma anche dei redattori-editori, quando la lettura dei manoscritti era impervia, o dopo, con i dattiloscritti, per inavvertenza. Notevoli in questo caso, specie nei libri di fantasia, per gli effetti talora bizzarri. Cambiando a volte il senso di una frase, una sorta di scrittura automatica, in uno che magari, benché non voluto, era più pregante.
Dispute filologiche si sono anche accese sugli errori di stampa. Il corpo che diventa porco, l’amore umore e l’adorata odorata, e non sappiamo se il dantista è dentista, o viceversa, la rivoluzione rivelazione, e l’immaginazione impaginazione. Se Yeats disse “soldier Aristotle” o “solider Aristotle”, e se l’ozio è indispensabile al mondo o l’odio, il correttore di bozze è corruttore, e i torchi gemono, oppure i turchi, o i tirchi. E i carabinieri s’imbattono in covi allarmanti, o in cori, o in voci, com’è più probabile. I refusi angosciavano, e divertivano, Sciascia e Savinio, Flaiano e Morselli, autori della leggerezza..
I correttori di bozze, che usavano un tempo in tipografia ed erano addetti proprio ai refusi, si sono trasformati qualche volta in correttori di bizze. Il “Corriere della serra”, di cui si è potuto leggere nel confratello parigino “Le Figaro”. Alcuni contesi come diritti d’autore: La moglie del sardo che in realtà è la moglie del sordo sarebbe invenzione di Valéry Larbaud – che poi trascorse afasico gli ultimi vent’anni – ma il “Corriere della sera” lo ha attribuito a Grazia Deledda
Ora l’ultimo word sottolinea due volte le concordanze che non lo soddisfano, e ci azzecca, anche in italiano - rederà impossibili i refusi?
 
Stupidità - Va con l’umorismo, nelle scritture di molti. Moltissimi nell’antichità sentenziosa. Bollarono risata e stupidità insieme Menandro, Isocrate, Catullo, il Libro dei consigli della Bibbia greca (poi chiamato anche “Ecclesiastico”), l’“Ecclesiaste” naturalmente, il “Canzoniere eddico”, i proverbi popolari. E Oscar Wilde, il cui “Marito ideale” professa “una grande ammirazione per la stupidità”, per ridere – Wilde diceva di suo: “Non c’è altro peccato che la stupidità”. Come il giovane Baudelaire, o il borghese Flaubert.
Ma c’è anche l’ironia inversa, altro esercizio letterario: l’eristica, l’argomentazione sottilmente inutile. Savinio ne era affascinato e perseguitato, dagli elogi “per mania eristica delle cose più inutili e anche delle dannose, il fumo, la polvere, la peste”. Per la peste citeremo il Berni, che vi si esercitò più volte. Molto usati, gli elogi ironici, nel Novecento. Dell’Ottocento si ricordano, di Cesare Beccaria e di Paul Lafargue, il genero di Marx, l’elogio dell’ozio. Dione di Prusa fece l’elogio del pappagallo e della zanzara. Sinesio scrisse un elogio della calvizie. Luciano scrisse un “Elogio della mosca”. Giuliano un elogio della barba a rovescio - essendo l’imperatore filosofo barbutissimo, scrisse un “Misopogone”, contro la barba. In Francia la letteratura è immensa, dalla scuola di Fontainebleau a Montaigne e al marchese de Sade, di elogi di organi e pratiche porno.

 
Attrae soprattutto i letterati. Non c’è una riflessione filosofica sulla stupidità. Si citano s. Agostino  e Cicerone, per frasi isolate, moti di stizza. Ripresi da Raymond Aron, lo studioso della politica, che la stupidità dice “il fattore dominante della storia”.
Il grosso del lavoro è la riproposta degli scrittori rinomati che si sono esercitati in argomento: il filone di Giufà, Jean Paul, Flaubert, Musil, Eco, Sciascia. Di Sciascia, che però non vi si intrattenne con qualche riflessione, si può dire un’ossessione - il terrorismo liquidò in tv dopo il rapimento di Moro, sbuffando per l’indignazione, con due sole parole: “Sono stupidi!”. Uno spasso per Eco, dal “Pendolo di Foucault” al “Cimitero di Praga”.
Non manca – Gianfranco Marrone – chi propende per la “Ricerca” di Proust come “un’interminabile galleria di stupidi”. La lettura può esserne in effetti ironica, degli amori, i vezzi, le manie, le devozioni filiali, le rivolte, i giochi delle ipocrisie – come tutto ciò che si definiva “borghese”. Ma per l’autore, scrivere tremila e più pagine di sottile ironia? E contro chi?

letterautore@antiit.eu

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