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venerdì 11 novembre 2022

Il giallo viene alla fine, per non crederci

Nestor “Dinamite” Burma, lo Sherlock Holes di Malet, va di fretta, come poi sempre farà. Personaggi, luoghi, eventi sono accennati, il poco che basta per accendere la curiosità, perché le sorprese si moltipicano.

Malet andava di corsa anche personalmente: tuttofare in gioventù, anche lavapiatti, e surrealista con Breton, parte nel 1941, dopo un passaggio come prigioniero di guerra in un campo di concentramento tedesco, a scrivere gialli come una furia, con vari pseudonimi. Due anni più tardi inventa qui Nestor Burma, e col successo (se ne farà un film subito alla Liberazione, nell’estate del 1945), non si ferma più.

Un compagno di prigionia, siamo nel 1940, dopo la sconfitta, molto malmesso, muore. Lascia a Burma spirando l’indirizzo del titolo. Lo stesso gli sussurra il collaboratore della sua agenzia – Nestor Burma ha un’agenzia, Fiat lux – Colomer, che incontra alla stazione di Lione arrivando col treno della Croce Rossa che lo porta alla libertà, prima di spirare, colpito alle spalle da una scarica di pistola. Una biondina ha sparato, che Burma ha notato, e chiama Michèle Hogan – Michèle Morgan? Seguono una dozzina di soluzioni:Burma ha più sagacia di Sherlock Holmes. Anche l’indirizzo fatale crea problemi, prima di arrivarci. Ma il lettore non fa in tempo a provare una soluzione, Nestor Burma gliela cancella – ci vorrà un finale alla Poirot per venire a capo dell’imbroglio.

Sherlock Holmes più Agatha Christie? Ma senza punti forti, personaggi, situazioni, ambienti, le sorprese a ripetizione sono come le armi a mitraglia a mitraglia, per lo più mancano il bersaglio. Inventiva? Fatica: Malet adotta Sherlock Holmes e Poirot per non crederci, per provare qualcosa di nuovo dopo avere provato varie strade.

Léo Malet, 120, rue de la Gare, Fazi, pp. 216 € 15

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