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venerdì 24 febbraio 2023

Assassinii in serie nel nome di Allah

Un padre di famiglia amorosissimo, marito premurosissimo, amico amatissimo, di notte va in giro in motocicletta a strangolare prostitute. Per liberare Mashad, città remota dell’Iran al confine col Turkmenistan, ma città santa dell’imam Reza, l’ottavo dello sciismo duodecimano, dalla sporcizia. La storia è vera, tutto quanto è raccontato è accaduto, a Mashad, nel 2000-2001 - il “santo ragno” del titolo è il soprannome dato allora all’assassino. Una vicenda che ha già avuto una trasposizione al cinema in Iran, tre anni fa, “Killer Spider” di Ebrahim Irajzad. Ma giù subito, nel 2002, prima che l’assassino fosse impiccato, era stato tratatto da un documentario, “And along came a Spider”, di Maziar Bahari, che faceva parlare lo stesso killer, Said Hanaei.
Abbasi, danese di origini iraniane, giù regista di due film di genere misto, tra fantasia e horror, “Border” e “Shelley”, rielabora la vicenda con una serie di astarngolamenti, e la fnale impiccagione. “Holy Spider” è stato presentato a Cannes – e ora in Iatlia – come un thriller, ma la vicenda è nota. E come una parabola del potere religioso iraniano che tanto male fa nel nome di Dio. Inscena però  una serie di personaggi di cui l’unico plito è il mullah che poi condannerà l’assassino. Che gode invece del favore popolare.
Di veramente non banale è la ricostituzione dell’ambiente iraniano, esterni, interni, modi, fuori dall’Ira, alla periferia di Amman. Con troupe e interpreti peraltro tutti iraniani, non esuli.
Ali Abbasi,
Holy Spider

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