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mercoledì 22 febbraio 2023

Tutti perdenti alla guerra delle tasse

La “guerra” è tra chi paga le tasse sul reddito e chi si sottrae, ribaldo, in piccola o in larga parte. Ben scritta. “La mia nipotina ha 11 anni, è figlia unica, ha due zii che non hanno figli e due prozie che non hanno discendenti diretti: nel corso della sua vita, dopo alcuni passaggi intermedi, erediterà beni di sette famiglie, prevalentemente immobili, e quindi sarà una donna molto più benestante rispetto alle famiglie di origine. Se le leggi non cambieranno, non dovrà pagare tasse di successione di ammontare rilevante. Se deciderà di utilizzare uno degli immobili ereditati come prima casa, non pagherà nemmeno l’imposta immobiliare. Se sceglierà di affittare gli altri immobili ricevuti, pagherà un’imposta ridotta sui proventi degli affitti, e lo stesso accadrà se investirà parte delle eredità in titoli. Praticamente tutto ciò che potrebbe decidere di fare con i guadagni delle eredità sarà, dal punto di vista fiscale, più vantaggioso che lavorare”. Vero. Ma è colpa della nipotina, o di chi la “protegge”, o non di chi non protegge i lavoratori, e i pensionati di lavoro?
Un pamphlet politico. Visco attacca i “privilegi fiscali”, concessi “da una classe politica in ostaggio delle lobby”. Il frutto avvelenato di una politica, quella di Reagan e Thatcher, dell’“affamare la bestia”, ossia la Funzione Pubblica, tagliare le tasse e i conti dello Stato. E questo dice tutto: è il solito articolo polemico, rimpolpato, contro “i guasti del capitalismo”. Mentre l’impasse fiscale in Italia è ben anteriore a Reagan, di almeno un decennio.    
Lo stesso editore che nel primo anno di Reagan proponeva la critica radicale di Fuà e Frosini agli eccessi della tassazione del reddito,

http://www.antiit.com/2023/02/troppe-tasse-e-sbagliate.html
ora ha cambiato idea, e gli basta liquidare la questione al grido “evasione! evasione!”. Lo stesso fa Visco, sempre in quell’anno autore di uno studio su “Disfunzioni e iniquità dell’Irpef e possibili alternative”. Disfunzione (evasione) che stimava “prudentemente” in 10 mila miliardi di lire, tra un quinto e un quarto del gettito Irpef 1983. Anche se poi, da ministro del Tesoro o delle Finanze negli anni a cavaliere del millennio, dei governi D’Alema, Amato, Ciampi e Prodi, si era trasformato in apologeta delle imposte sul reddito quali che siano.
Un instant book su una materia che meriterebbe più precisa riflessione. La fiscalità non è roba da polemica spicciola. È il sistema venoso di un essere-Paese, la rete di comunicazione di tutte le sue sostanze vitali. Ed è la palla al piede dell’Italia: complicata, esosa, erosa, evasa. All’origine (è la causa, non l’effetto) della crescita spropositata del debito pubblico, che continua ad alimentare. Nonché di una fortissima discriminazione sociale, a danno di chi lavora o ha lavorato. Cose note, da più di trent’anni. A cui però non si pone rimedio – come se si volessero comoda riserva di facile polemica politica, sterile di fatto.
Visco, specialista di Scienza delle finanze, una scienza che ha avuto grandi esperti in Italia, Einaudi, Cosciani, si adagia anche lui sulle approssimazioni giornalistiche, o della sinistra seduta di questi decenni: si evade perché si è cattivi. Personalmente si dice agnostico, “non ho più nemmeno la tessera del Pd”. Ma da uno come lui ci si attenderebbe qualcosa di più del “paghino i ricchi”, eccetera. Al limite, per dire, ha ragione Reagan, se tassare i ricchi va ad alimentare una spesa pubblica improduttiva e dispersiva, riduce gli investimenti, e porta alla fuga dei capitali, e delle professionalità. Le tasse non sono materia bellica, o di punizione – altrimenti ognuno si difende, si deve difendere.  
Giovanna Faggionato-Vincenzo Visco,
La guerra delle tasse, Laterza, pp. 136 € 16

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