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martedì 23 maggio 2023

Dante brutto, sporco e cattivo

Accoppiamenti, defecazioni, minzioni, in un tardo Trecento polveroso, stinto, cencioso.  Dopo la peste, ma non solo a Firenze. E tante agonie e morti - di donne: c’è un perché? Dante si vede bambino impaurito, poi giovane sciocco, in troppe inquadrature, anche nudo mentre si accoppia con la moglie inamata, e basta. Si schiera con i Bianchi e non si sa perché - forse per odio alla moglie? E tradisce pure l’unico amico che ha, Guido Cavalcanti, condannandolo superficiale a quell’ostracismo di cui poi lui stesso avrà da soffrire tutta la vita.
Nella trama, Pupi Avati spedisce Boccaccio a Ravenna a portare un risarcimento di Firenze per i danni inflitti a Dante e alla sua famiglia all’unica figlia sopravvissuta, custode dei resti del padre a Ravenna. Un viaggio tra echi della vita e l’opera di Dante nebulosi, poco o nulla significanti, a meno di non averne già conoscenza.
Un racconto per immagini, i dialoghi sono di circostanza, di cui sovrastano tonalità, scorci, tagli di disfacimento. Di tristezza, cupa – mai un sorriso, anche quando se ne mostra il disegno. Sembra un atto di malumore di Avati verso il genio nazionale. A meno che non si sia fatto condizionare un impeto “filologico” – ringrazia in fondo quattro biografi di Dante, naturalmente molto romanzieri, inventivi di una vita poco documentata. Teoricamente segue la prima vita di Dante, quella di Boccaccio che lo consacrò quarant’anni dopo la morte, il “Trattatello in laude di Dante” – la missione riparatrice si situerebbe agli inizi della sua quindicennale riflessione su Dante. Ma forse Avati ha più seguito i “biografi” che ringrazia in fondo, Santagata, Pellegrini e altri.
Sul soggetto, prima ancora di riuscire infine a realizzare il film, Avati aveva costruito un romanzo, “L’alta Fantasia, il viaggio di Boccaccio alla scoperta di Dante”. Che così presentò: “Racconto Dante, il suo dolore e la bellezza”. Ma qui s’incontra solo isolamento, morte, e sporcizia.
Pupi Avati, Dante, Sky Cinema

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