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sabato 23 febbraio 2008

I paradossi della sanità

La sanità è la grande malata in Italia – non solo in Calabria, bisogna dire. Spende un’enormità, i soldi non bastano mai, ogni anno le Regioni sono alla rincorsa del pareggio, e costringono il governo a nuove “manovre”, cioè a nuove tasse. Ma molti segreti di questa scostumatezza sono evidenti, se ci fosse una Corte dei conti in Italia – ce n’è una, ma solo di nome -, o dei semplici tribunali, troppe cose sarebbero da chiedere. Alcuni esempi.
Perché un ricovero in un ospedale privato costa la metà che in quello pubblico? Per esempio
a Roma in quelli del papa famigerato, che offrono pure prestazioni d’eccellenza, il Bambin Gesù o il Policlinico Gemelli? E non si parla di pochi soldi: un ricovero, la sola pensione senza farmaci ne chirurgia, peraltro in stanze da quattro-sei persone, va sui cinquecento euro al giorno.
Perché le tariffe delle analisi di cui in Italia si sovrabbonda, i ticket, sono così remunerativi che
un vero e proprio ramo d’industria è sorto in vent’anni per sfruttarlo, di ambulatori di sole analisi, pieni di signorine e di dottori, senza code, senza sporcizia? Mentre negli ospedali gli stessi ticket non bastano a pagare i costi base, anche con un solo sportello dalle file interminabili, e senza mai fare le pulizie?
Perché nella sanità in genere si guadagna tanto che gli ambienti sono sempre puliti e ristrutturati, le attrezzature aggiornate, il personale riqualificato, e nell’ospedale che sempre ha bisogno di manovre aggiuntive invece no, e ci vuole una legge speciale per pittare gli ingressi?
Dice: lo sappiamo tutti che nella sanità pubblica si ruba. E allora?

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