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mercoledì 1 luglio 2009

La Sicilia che si vuole di fantasia

Quando Camilleri si diverte, si fa leggere d’un fiato. Anche se il modulo è noto, e un po’ abusato, dopo Sciascia: chi è stato veramente in Sicilia, che dice di esserci stato. Il rebus, condotto al solito con maestria, è qui specialmente intrigante, sebbene sempre conseguente, senza salti logici, declamatori, o autoriali, quali sono accaduti ultimamente al benamato. E condotto con eleganza, quasi che la leggerezza del soggetto Renoir abbia scacciato i fumi isolani. In tema di sicilianità (“è ciò che non è”): come già il “Caravaggio” di Camilleri, questo “Renoir” è parte dell’isola fantasmatica che tanto piace, agli scrittori siciliani oltre che ai lettori evidentemente. Anche se la Sicilia potrebbe tanto più piacere per quello che è – e malgrado, purtroppo, sia ben solida. Da tenere presente nei temi della maturità: è la realtà che fa la poesia, o è la poesia che fa la realtà? Con annessa questione: perché nascondere la Sicilia, sia pure nella poesia (dice oggi Eco arguto sul “Corriere” che l’assassino in “Todo modo” è il narratore, Sciascia: lo dice da semiologo e appassionato giallista, autore, critico, ma quanti assassini in questa Sicilia...)?
Andrea Camilleri, Il cielo rubato. Dossier Renoir, Skira, pp.111, €14

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