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martedì 7 settembre 2010

Montalbano, il fascistone comunista

Montalbano è qui più fascistone che mai, il fascistone meridionale. Con la fidanzata, con i subordinati, con i cittadini, con i superiori. Simpatico, e giusto – è veritiero. Il fascistone meridionale non è un reduce di Mussolini, anzi lo avrebbe disprezzato, ma è autorevole e autoritario, e tutto dice, sa, fa, e risolve. E non è di sinistra, come l’autore vorrebbe. Dev’essere il centro della simpatia, l’interprete del sentimento comune, quello che tutti vorrebbero essere – magari comunista, una volta, nell’intimo, poiché il Pci, che ha avuto al Sud breve vita, si è creata per quei lontani anni un’aura d’irenismo e giustizia, ma non del Partito.
La stessa concezione che Camilleri ha del Pci e del movimento è di destra: del galantomismo, per l’ordine e il coraggio. Il che non vuol dire che lui stesso non possa essere stato del Pci fin da ragazzo, come pretende: il Pci si riconosce anche in Malaparte e Montanelli, perfino in Longanesi. È possibile. Ma, scrivendo, privilegia la verità: la spia è nell’assenza del “tutto mafia”, l’idiozia del Pci che lo ha sradicato presto dalla Sicilia.
Andrea Camilleri, La luna di carta

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