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martedì 24 maggio 2011

Bossi sacrifica Milano per il proporzionale

Follia o genio? Bossi ha tolto la parola ai suoi estimatori, nei giornali a Milano. Col voto fatto mancare a Letizia Moratti al primo turno. E con la propaganda stravagante per silurarla al ballottaggio, semmai i milanesi ci ripensassero. Che viene assimilata alle sentenze suicide, scritte cioè per essere ribaltate: lo spostamento dei ministeri, la sanatoria delle multe, e i fantasmi di zingaropoli e moscheopoli avrebbero lo scopo di indignare gli astenuti del primo turno e gli indecisi, di tenerli lontani dall’urna se non di votare Pisapia. Le sue radio e i suoi giornali ne sarebbero la conferma.
Non è detto, negli estimatori prevale l’incertezza. Perché Bossi, dotato ultimamente di grande saggezza politica, ne ha fatte anche di peggio in passato, passando in poco tempo, dopo il 1992, dal quasi 9 per cento del voto nazionale al 3,9 nel 2001. Il suicidio cioè potrebbe essere reale: la Lega, che cresce stando unita a Berlusconi, frana quando se ne allontana. Ma il ragionamento fa rinascere un’ipotesi che sembrava esclusa: che Bossi abbia deciso una mezza crisi politica. In questo fine legislatura, ed essendosi assicurato il federalismo. Con un progetto: costringere Berlusconi indebolito e reimbarcare Casini al governo, e con Casini costringerlo poi a una legge elettorale proporzionale, seppure alla tedesca, con sbarramento.
È un’ipotesi impiantata su una debolezza: i troppi errori di Bossi. Prima di Milano a Bologna, dove la Lega con la sua candidatura ha impedito la sicura vittoria di un altro Guazzaloca. E a Torino, dove la sua truculenza ha fatto rifluire subito la curiosità che il centro-destra aveva suscitato con la moderazione solo un anno fa. Se questi errori sono “troppi” per essere veri, in via d’ipotesi non astratta si ricorda che Bossi non ha mai abbandonato il disegno di diventare il vero Centro, o l’erede della Dc multipolare, e che a questo fine deve scompaginare il partito di Berlusconi.

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