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sabato 10 agosto 2013

La politica in mano ai giudici

Dare la caccia ai mafiosi oppure ai politici? Le modiche alla norma sul voto di scambio, di cui non c’era bisogno, hanno senz’altro il secondo obiettivo: completare la subordinazione della politica ai giudici. Non per nulla grande patrocinatore ne è Agostino Cordova, il giudice istruttore di Reggio, poi Procuratore Capo a Palmi e a Napoli, che non risulta aver messo dentro molti mafiosi, ma centinaia di politici sì – salvo non condannarne nessuno.
La mafia è scoperta nelle sue azioni, non si nasconde. Non lo diventa per avere in casa santini elettorali. E ancora: per averli dei candidati che il Procuratore dice, se li ha di altri non interessa. Quando non se li procura per farli trovare ai Carabinieri alla visita annunciata – nelle inchieste di Cordova è successo anche questo.
Già licenziata alla Camera, passerà al Senato alla ripresa la modica dell’art. 416 ter del codice penale, di cui si dice che introduce una modifica inutile – due in realtà: mentre riduce la pena, “bilaterale”, da 7-12 a 4-10 anni, allarga lo scambio, dalla elargizione di denaro (il voto comprato) alle “altre  utilità” (favori, assunzioni, licenze, appalti....). Ma ciò fa in riferimento al terzo comma dell’art. 416 bis, che è quello dell’“associazione mafiosa”. Un reato oggi accettato acriticamente (al momento della sua definizione suscitò trent’anni fa molte perplessità) solo in Italia. I reati associativi sono una prerogativa della “costituzione materiale” italiana, per poter condannare chi si vuole, ad arbitrio. Può essere associazione mafiosa tutto: è attività
Non c’è da scandalizzarsi, se i parlamentari sono pronti per essere definiti associazione mafiosa. Ma non c’è da illudersi: ci hanno tolto la politica. Dopo la caccia ai mafiosi – se ne arresta qualcuno in Calabria, gli scarti, mentre da anni non se ne trovano più in Sicilia e a Napoli. Per il 416 bis è associazione mafiosa, nella sintesi di Cordova, “quella volta ad acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, di appalti e servizi pubblici, o di procurare voti a sé o ad altri in occasione delle consultazioni elettorale”. Mai confidarsi con gli amici…
Tenere i politici per le palle
Qui si apre un fronte sconfinato alla corruzione. Sotto le pretese di lotta alla corruzione. Altra sarebbe una lotta vera alla corruzione – per voto di scambio s’intende la corruzione elettorale (s’intendeva prima dell’imbastardimento mafioso: tutto è mafia…). Bobbio parte dal presupposto che ce ne sarà sempre in democrazia, dove cioè si sceglie col voto. Il grande scettico, studioso di Hobbes, non lo dice apertamente ma in più di uno scritto assimila la democrazia a “un grande e libero mercato in cui la merce principale è il voto”. In questa forma lo ribadì presentando nel 1983 la riedizione degli scritti di Gaetano Mosca, al punto in cui lo studioso delle élites critica il malcostume del voto di scambio, della compravendita del voto. Ma non c’è esempio di democrazia esente dalla corruzione. Cesare, spiega Luciano Canfora nella sua biografia, s’indebitò tanto, per farsi eleggere, che in caso di sconfitta sarebbe andato in bancarotta - Brecht ci ha scritto sopra un romanzo storico, “Gli affari del signor Giulio Cesare”. Ma senza scandalo, era la prassi a Roma già al tempo d’oro della repubblica. Sallustio, Tito Livio, Plutarco non si ricordano quando il voto di scambio è cominciato.

Quali i rimedi? Vari accorgimenti nei sistemi elettorali. E varie leggi che formalizzano il “voto di scambio”, la compravendita del voto, per perimetrarne l’estensione e comunque renderla nota. Negli Usa il finanziamento delle campagne elettorali è detraibile dalle tasse. È quindi doppiamente pubblico. È una forma d’investimento in lobbying, col crisma della legalità. Solo in Italia si pensa ai giudici: tengono i politici per le palle, per dirla alla Cordova?

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