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sabato 31 agosto 2013

La scoperta del Novecento

L’anno scorso, ne “Il vecchio che avanza”, Walter Pedullà aveva scoperto che il Novecento non esiste. Era – è – il suo secolo e s’è preoccupato. Lo aveva scoperto a Palermo, a un convegno di giovani al quale era stato invitato. I giovani cioè non l’avevano detto, perché i giovani tacciono. . Sono critici e autori, Walter scoprì, che scrivono ma non leggono, e quindi non avevano e non avrebbero letto il Novecento. E allora s’è impegnato a raccontarlo lui, il Novecento. Che – sembrerà strano – in questa Italia della Seconda Repubblica, quindi da un venticinquennio buono, è uscito dalle cronache. Non fa testo. Non se ne parla. Non se ne fanno bilanci. Nemmeno per condannarlo, in tutto o nelle sue parti. O per sceverarlo.
Pedullà ha provveduto con una narrazione aggiornata – farcita a titolo di esempio di vecchi suoi testi. Ce n’è per tutti, all’insegna della curiosità sempre inesausta alla Giacomo Debenedetti, il suo maestro nel remoto Novecento. Per i canonici, compreso il “suo” D’Arrigo, e per Savinio, Zavattini, Campanile, Flaiano, Tozzi, Mazzaglia (chi è Mazzaglia? è a p. 455).Una ricerca-ricostruzione molto personalizzata, fuori dai canoni, cronologici o di poetiche. Segnata dai due umori prevalenti nella lunga, quasi cinquantennale, militanza critica, come si diceva un tempo, dell’autore:  valorizzare il nuovo, rivalorizzare il riso - il filone burlesco che segnò l’italiano dai suoi inizi, fino a tutto il Cinquecento (fino alla Controriforma).
I due umori s’intrecciano. Nella titolazione che scandisce i capitoli e soprattutto nella scrittura. Sempre eversiva, al limite dell’eccentrico. Sul filo dell’incertezza invece delle certezze, decostruttiva, inquieta e inquietante. E sempre invece conclusivamente convincente: l’inquietudine è poi il segno della vita. Per una celebrazione, infine, del Novecento. Che è stato specialmente vitalistico, anche in Italia. Un secolo di curiosità e applicazione – la scrittura è applicazione – che si è voluto inventivo. Per questo contraddittorio a volte, e anche refrattario alle caselle – molto polivalente.
Pedullà è di suo scrittore di forti umori, e la sua rivisitazione è soprattutto brillante. Se ne serve per tenere sempre desta l’attenzione nella lunga narrativa. Che tale è, più che un bilancio critico. Con brusche impennate, da cavallo di razza. Quella centrale potrebbe essere fertile, la riclassificazione del Novecento sulle sei “classi di scrittori” di Pound (dai poeti poundiani traslata ai narratori): innovatore, maestro, diluitore, anonimo o dilettante, cultore del bello scrivere, maniaco (sperimentalista). È comunque lettura memorabile – Moravia maestro, come Gadda. O “Il decennio rosso pesa più del piombo”, post-1968.
Walter Pedullà, Racconta il Novecento. Modelli e storie della narrativa italiana del XX secolo, Bur, pp. 533 €16

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