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lunedì 2 settembre 2013

Il governo di polizia

Tre anni di governo per creare danni, e poi per rimediarli. Due sono già passati, tra Monti e Letta, uno è ancora necessario, tanto i danni sono stati profondi. Remota, anzi assente, è la funzione di governo propria, quella per la quale si fanno  governi: dare pace alla società e, da un secolo e mezzo in qua, anche prosperità.
L’Italia è tornata al governo ottocentesco, di polizia. Seppure sotto le spoglie androidi di Monti, di Letta, “tecnici”, inemotivi. Col vocabolario stinto dell’economicismo. Si diceva policé, alla francese, il governo della buona politica, in traduzione si vuole ultimamente solo autoritario. 
È il governo di polizia nella sua configurazione peggiore: applicato alla punizione di tutti i cittadini, con le tasse. L’insegna dell’Autorità è la punizione, al coperto della giustizia. Che non è nulla più di un apparato repressivo.
Meno, molto meno, questa polizia si applica alla punizione dei criminali: in Sicilia non c’è più mafia, a Napoli è scomparsa la camorra, a Milano non c’è spaccio, la cocaina si vende liberamente. E gli evasori fiscali? Quelli si sanno, sono esibizionisti, ma questo Stato li cerca altrove, col metro da sarto.

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