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domenica 10 maggio 2015

L’ebreo incapace di amare

Alla rilettura è peggio: è un romanzo antisemita. È la storia di un ebreo condannato a non amare, per una colpa che non viene detta, quindi per la sua condizione esistenziale. E d’ignobile sadismo, sotto forma di gelosia, incapace di apprezzare la musica e ogni altra bellezza, che la politica di cui vive riduce a conventicola e carriera.
Un accumulo di revulsioni. Tutte distintamente marchiate dall’ebraismo. Sulla stessa tela di fondo, a Ginevra, di cordate, intrighi, superficialità, snobismi, che spinsero Céline a vomitare – Cohen fu diplomatico al Bit di Ginevra negli stessi anni in cui Céline era all’Oms. Un atto di dolore? Personale – Cohen è anche lui nativo di Corfù come il protagonista? No, lo scrittore non appariva intristito a “Apostrophes” all’uscita del suo romanzone, né addolorato, solo contento del suo piccolo successo.
È una violenta parodia dell’amour fou, o dell’amore. Ma a danno di una donna senza volto? E perché il cattivo è un ebreo di Corfù, con i suoi strampalati parenti? Tutti peraltro improbabili, il protagonista compreso, e innecessari. Qual è la chiave – altra che l’odio-di-sé?
Cohen ha pure scritto un libro d’amore. Per sua madre. Nasce da lì l’insolenza contro le donne – l’insolenza?
Albert Cohen, La bella del Signore

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