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domenica 29 maggio 2016

Le sanzioni barbariche

Senza discutere, senza nemmeno annunziarle, e forse nemmeno notificarle, le potenze europee hanno rinnovato a Bruxelles le sanzioni contro la Siria. Varate nel 2011 su insistenza saudita e americana per indebolire il regime di Assad. Poi rinnovate, sempre tacitamente, nel 2014. . Colpiscono gli attivi finanziari in valuta della banca centrale e di tutte le compagnie di export, anche private. E le esportazioni di petrolio.
Il secondo rinnovo non è passato inosservato perché il clero cristiano, di tutte le confessioni, aveva ammonito a non rinnovarle, e poi ha protestato. A nessun fine. L’argomento delle gerarchie cristiane è: “Le sanzioni danneggiano solo la piccola gente”, per le merci che vengono rese rare e quindi fatte pagare care.
Una seconda critica si potrebbe fare per un rinnovo delle sanzioni giocato male nello scacchiere diplomatico, ora che per la Siria si preannuncia, a fronte della minaccia terroristica, un accordo col regime piuttosto che la sua evizione. L’Europa aveva l’occasione per entrare nel gioco mediorientale ma ha dato partita vinta.
Questo non è un modo di dire: è noto che le sanzioni sono solo un favore agli intermediari o affaristi, al ramo parassitario del mercato. Una dottrina vasta e acquisita sa che le sanzioni economiche servono solo al contrabbando: non isolano il Paese sotto pressione ma lo espongono al ricatto dei trafficanti, esterni e interni. Si veda la Siria.
Le sanzioni bloccano l’export del petrolio siriano, hanno argomentato i vescovi, mentre nelle zone siriane controllate dall’Is il petrolio viene venduto tramite la Turchia. Viene venduto di contrabbando, risponde Bruxelles, a un prezzo. Ma è questo il punto: lo stesso prezzo che la Siria deve pagare ai volenterosi intermediari del suo greggio, in virtù delle sanzioni. Non c’è molta logica a Bruxelles, a meno di non dire l’Europa una Unione di contrabbandieri.
Si può anche ipotizzare che Bruxelles ha rinnovato le sanzioni per anticlericalismo, in odio alle chiese. Ma è allora un laicismo abietto – si direbbe stupido ma è dannoso.

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