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giovedì 20 ottobre 2016

Quel Berlusconi sono io

Il libro è corredato da un indice dei nomi. Una colonna è tutta Berlusconi, gli altri hanno uno o due richiami. Eccetto Brunetta, Gasparri, Sacconi, Maroni, e Mussolini.
Ecccezionale Camilleri, si è sobbarcato per sei mesi, tra 2008 e 2009, al compito di dire male arguto di Berlusconi sull’“Unità” oggi giorno, eccetto le feste. Un tour de force. Nel nome della resistenza. Non manca Maria Antonietta con le brioches. Né l’ammirazione per Di Pietro, che dice Napolitano mafioso, e per Ingroia. Con la guerra all’Afghanistan “per il petrolio” – il petrolio in Afghanistan? Camilleri marcia diritto. A un certo punto, oltre che con l’Afghanistan, se la prende con Lucca: “Chi va a Lucca sappia che non troverà né pizza napoletana né pasta alla Nroma siciliana”. Noi che ci siamo stati, sempre che si tratti di Lucca in Toscana, la pizza ce l’abbiamo trovata – la Norma è più difficile, anche a Roma, dove rinomata catena etnica siciliana ne fa una da vomito.  
Se non che l’aborrito “Piccolo Cesare” disfa anche la sua solida fibra. Un giorno Lodato, il suo sparring partner, gli dice: “La gente non può più permettersi il formaggio”. E lui: “Una volta i poverissim braccianti siciliani si nutrivano di «pane e tumazzo». Cioè pane e cacio. Ma se non avevano i soldi per il tumazzo, si mettevano in società in quattro e compravano un uovo sodo e una sarda. Venuta, diciamo così, la pausa pranzo, si sedevano in circolo, ognuno tagliava una grossa fetta del proprio pane, si infilava l’uovo societario in bocca, lo ritirava fuori intero e lo passava all’altro. Pane e sapore d’uovo. La sarda, invece, veniva legata in cima a una canna e le si dava una leccatina.” Perché in quattro? Perché è un aneddoto da circolo dei galantuomini, dell’avvocato o segretario comunale, cui non fotteva nulla del villano, che non era niente più che una maschera.
Si capisce la natura giocosa di Camilleri, sotto l’obbligo della resistenza, benché legata al galantomismo. Fatto il compitino, racconta dell’uomo-cane “Majorana” di Trapani, un barbone che si voleva lo scienziato scomparso, che insegnava la matematica ai bambini che si burlavano di lui. Della censura alla Rai, roba da farsa, in anni non remoti. O la figura dell’Ammazzasette, dal “Miles gloriosus” di Plauto all’“Orlando” e alla commedia dell’arte. Poca roba. Da ultimo Camilleri ricorda Silvio D’Amico: “Se un attore partecipasse a un fenrale, vorrebbe essere lui il morto”. Il protagonismo è a doppio taglio.
Andrea Camilleri-Saverio Lodato, Un inverno italiano, Tea, remainders, pp. 336 € 4,30

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