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venerdì 17 febbraio 2017

Le spie al potere preoccupano gli Usa

I servizi segreti di uno Stato che spiano il presidente eletto dello stesso Stato sono un bene o sono un male? Parliamo di spionaggio, non di indagini giudiziarie, motivate. Che lo spiano continuativamente, anche al bagno, e poi ne diffondono parole e atti tra i media. Tra media di fiducia, giornalisti scelti. Durante la campagna elettorale a più riprese, e ora col presidente letto.
Sono un bene in Italia, e non solo per gli antipatizzanti, di Trump e degli Usa. Sono un pericolo negli Usa, per i trumpiani, pochi, e per gli antipatizzanti, tutti.
Sono due diverse concezioni del diritto. Molto bilanciata quella americana, modellata basicamente sul diritto romano, soprattutto per l’origine popolare del potere – il voto, la rappresentanza. Suprematista quella italiana – oggi giustizialista. Che peraltro non è una concezione del diritto ma una pratica, e una specie di pagliettismo, da Zagrebelsky o Cordero in giù – nemmeno tanto giustizialista, cioè, solo avvocatesca, da manzoniano azzeccagarbugli opportunista, irrispettoso di ogni forma e falso.
Sono il termometro di due diverse culture e assetti sociali. Gli Usa saranno pure in crisi, con Trump, ma hanno ancora forte il rispetto delle regole. Che invece non esiste – non si concepisce più - in un paese come l’Italia.
Le polizie arbitre dello Stato non ha senso in nessuna dottrina del diritto. Né in nessuna situazione di fatto che si conosca, democratica. Sono state pratiche ben italiane – il francese dice “fiorentine”, e sottintende ostili, traditrici – a Venezia, a Firenze, il Consiglio dei Dieci, gli Otto di Guardia e Balia. Senza nessun effetto positivo, nemmeno sulla sicurezza degli Stati, solo negativi: delazioni e disordini. Il segreto non è mai lecito. Non c’è spione innocente.

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